"non può essere scrittore conciso chi non è preciso"
" più di ogni altro partito quello socialista offre la possibilità del dissenso, dell'uscita: nella presunzione-o nella retorica - di essere più socialisti di quanto il partito consenta, al momento"
Anche interessanti considerazioni sul patto Gentiloni
Breve digressione tra il romanzo di cronaca e il saggio sui costumi della borghesia dominante alla soglia della Prima Guerra Mondiale. Sciascia ci descrive l’italietta dei pregiudizi e delle convenzioni alle soglie della modernità, il 1913 è l’anno del grande patto tra cattolici e liberali, delle cronache di D’Annunzio sulle vicende in Libia, attraverso un episodio di cronaca nera che coinvolge una donna delle buona borghesia in un processo che dimostra sia l’inconsistenza della giustizia italiane sia la convinzione, che durerà a lungo, della donna tentatrice ad eccezione della moglie, madre e figlia.
È un’altra occasione nelle quali Sciascia utilizza la cronaca per dissertare sull’italietta del conformismo e delle convenzioni borghesi.
Racconto del 1986, in cui Sciascia narra di un celebre processo che tenne banco sulla stampa italiana subito prima dello scoppio della Grande Guerra. A Sanremo, nel novembre 1913, una contessa, bella moglie di un ufficiale dei bersaglieri, sparò contro l'attendente del marito, uccidendolo. Fu arrestata e finì sotto processo: per la difesa si trattava di legittima difesa contro un tentativo di stupro, mentre l'accusa sosteneva che tra i due esistesse già una relazione, ma che la donna voleva troncare e, di fronte alla minaccia dell' attendente di rivelare tutto al di lei marito, la donna lo avesse ucciso con premeditazione. La giuria, con 5 voti contro 4, decise per la legittima difesa, assolvendo l'imputata.
Sciascia dimostra, una volta di più, di muoversi con disinvoltura tra le carte degli archivi giudiziari, infondendo vita e calore alla lingua ampollosa e antiquata dei processi. Ne esce il ritratto di un'Italia che non c'è più, con una venerazione per l'esercito e i suoi membri, pudica fino al ridicolo, con una morale sorpassata: sempre uguale, invece, l'interesse del pubblico per i processi e le torbide storie di corna e sangue.
Quello che non mi è piaciuto sono le molte, forse troppe, digressioni dal tema principale: non solo sulla società del tempo (che hanno un senso nella economia del racconto), ma spesso in riferimento a vicende degli anni ottanta del Novecento, quando il libro fu scritto. Un cenno merita, nelle note finàli, la riproduzione integrale di una sulfurea invettiva del futurista Marinetti contro il tango, allora (1914) dirompente novità esotica per gli italiani.
I delitti veramente premeditati sono quelli che non si compiono.
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Ma tutto era già pirandelliano, nel caso Tiepolo. Le tante verità, il gioco dell’apparire contro l’essere.
Saggio storico, divertissement, una storia italiana; incursione, quasi trent’anni prima di Florian Illies, nell’ultimo anno dell’Ottocento prima della tempesta perfetta che rimodellò l’Europa.
Il titolo viene da un vezzo di Gabriele D’Annunzio che si adeguò, dal suo esilio francese, in fuga dai creditori, alla triscaidecafobia in un anno in cui, peraltro, le cose gli andavano per il meglio. Era per eccellenza l’influencer del pensiero e del sentire italiano: i protagonisti della vicenda rielaborata da Sciascia sono dannunziani.
Anche se uno, la vittima, risente pure di un altro poeta, oggi meno considerato ma non meno influente allora, nella cultura popolare: Salvatore Di Giacomo, specialista in poesia amorosa.
In quel finale di Belle Epoque, mentre Marinetti inveisce contro il tango, succede il pasticciaccio di cronaca nera (e rosa). A Sanremo, la contessa Tiepolo, nome già di per sé romanzo, uccide l’attendente, o meglio: l’ordinanza del marito capitano dei bersaglieri.
Legittima difesa del suo onore di donna o punizione di un amante che non si era limitato alla padrona ma posava occhi e mani su qualunque gonnella gli capitasse a tiro?
Ne nasce un processo (uno dei tanti, a onor del vero) che appassiona l’opinione pubblica, nutrita dai giornalisti, all’assalto dell’aula di tribunale, prolifica nell’inondare avvocati e magistrati di lettere anonime e la cui dicotomia si può semplificare in: è innocente perché bella / è colpevole perché bella.
Le cose sono un po’ più complicate. Il patto Gentiloni ha appena permesso che le prime elezioni a suffragio universale [maschile] non vedessero la vittoria dei socialisti.
Né il patto era venuto dal nulla: fondava su un’antica, vasta e varia eredità ed ereditarietà di dedizione al culto e alle celebrazioni delle apparenze, sull’imperativo di salvarle anche nella decomposizione della sostanza.
In breve: l’unica condizione posta dal conte Vincenzo Ottorino Gentiloni era la salvaguardia della famiglia. Ecco servito un processo che mostra che cosa suppura nel fondo delle famiglie. Niente di nuovo. Dopo un secolo siamo ancora qui: difensori della famiglia c.d. tradizionale e detrattori che non hanno altro argomento che mostrare l’inconsistenza del concetto stesso di famiglia.
Le cose sono un po’ più complicate. L’esercito gode di favore popolare dopo la campagna di Libia, in fase di stabilizzazione, leggasi: fucilazioni di massa tra le sacche di resistenza alla conquista italiana. Per i militari meglio che un giovane bersagliere non graduato risulti sporcaccione e pace all’anima sua piuttosto che un ufficiale passi per cornuto.
Le cose sono un po’ più complicate. La pruderie impera e l’aula si riempie di acrobati del linguaggio che parlano di gentil sesso, mai di donne, e altre amenità per diluire una vicenda dove c’è un innominabile convitato di pietra, il sesso (non gentil).
Ne risulta un processo fondato su mera (per quanto, da un punto di vista letterario, ammirevole) retorica e arringhe appassionate dove tanto si parla senza dire nulla.
Da Venezia giunge un senatore e biografo di Casanova per dimostrare come il nome Tiepolo, con la sua storia di dogi e artisti, sia sinonimo di onore e moralità.
Un perito deve certificare, spiando dalla serratura di una porta di casa Tiepolo, se ha visto o no il procuratore generale abbracciare il cancelliere sul divano durante il più stralunato degli incidenti probatori.
Distorta dal rumore bianco di arringhe e testimonianze, l’unica verosimile prova non viene neppure avvertita.
Il 1913 è l’anno del ritrovamento della Gioconda. Ed è al racconto Il sorriso della Gioconda di Aldous Huxley che Sciascia si rifà per ipotizzare la sua soluzione del caso che, terminata la sbornia di retorica ed eufemismi, suona davvero plausibile nella sua semplicità e linearità.
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Divagazioni ma non troppo (ricordando che, anche quando fa un viaggio nel passato, Sciascia parla dell’Italia di oggi; anche ora che lui non c’è più).
Sul «Carlino», Bergeret (Marroni) se ne consola scrivendo: «L’esperienza insegna che, quando le monarchie hanno bisogno di buoni ministri di polizia, di quelli che volentieri fanno sparare sul popolo, li trovano sempre, purché li cerchino tra quegli avvocati che entrarono in Parlamento con le insegne della rivoluzione. Tra dieci anni…».
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Più di ogni altro partito, quello socialista offre la possibilità del dissenso, dell’uscita: nella presunzione – o nella retorica – di essere più socialisti di quanto il partito consenta, al momento. Ma non infrequente è il caso che il dichiararsi più socialista e l’uscire dal partito nasconda l’esserlo meno o il non esserlo più.
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E mi permetto questa divagazione, considerando quanti processi oggi in Italia andrebbero per aria, e quanti imputati a spasso e in spasso, se una simile procedura venisse applicata. I processi che oggi si fanno in Italia, se si togliessero le illazioni dei testi e il «sentito dire» da altri che nei processi non sono né imputati né testi, crollerebbero come castelli di carta: sicché il buon cittadino, non sapendo, come l’asino di Buridano, scegliere tra il desiderio di vedere finalmente puniti prosperi e spavaldi malviventi e il desiderio parimenti intenso che ogni punizione muova dalla più ampia, sicura e indefettibile legittimità giuridica, quasi muore di civica inedia.
...ContinuaRomanzo breve che nella sua concisione riesce ad essere una summa di cultura e di pensiero. Sciascia è mirabile per la capacità di approfondire mantenendo l'asciuttezza e la necessità di uno scritto essenziale ed illuminante. Un testo breve adorabile.
...Continua