Dall'autore vincitore del Premio Urania 2006.
...ContinuaUn buon romanzo, ben costruito, pieno di idee e divertente. Ora vanno di moda i romanzi alla Stalker, a me piacciono.
Un romanzo breve che ti trascina su e giù in un buco dimensionale, in cui la fisica come la conosciamo non funziona, la geometria non è euclidea e il sangue nutre le piante, denominato "Zona".
Si è capito che mi è piaciuto? Se dopo la lettura di Terminal Shock ero rimasto leggermente deluso da una certa "confusione", qui Giovanni rende omaggio alla fantascienza e all'horror tout court in 80 pagine di fuoco.
La parte più importante, a mio avviso, è la resa dei personaggi, con il protagonista, Rocco Mancini, su tutti.
Il racconto in prima persona ha alcune lacune in certi punti, ma niente che non sia superabile da una trama avvincente e ricca di flashback sensati e coerenti.
Per me De Matteo sa il fatto suo e spero che nel probabile seguito di Terminal Shock, sappia ritornare a questi ritmi e con questi bei personaggi.
Ci sono un paio di aspetti in Codice Morto che non mi hanno convinto, e che mi hanno impedito di apprezzare il racconto quanto avrei voluto.
Partiamo dall'inizio: Codice Morto è un storia sulla Zona, quell'entità geografica aliena e inconoscibile nata dalla penna dei fratelli Strugatskij e diventata successivamente luogo letterario imprescindibile, almeno per certo tipo di fantascienza: uno spazio mentale oltreché fisico, foriero di inquietudine e mistero, di orrori e meraviglie. Giovanni De Matteo è bravo nel creare le giuste suggestioni, e a mantenere un controllo e un tratto personale su una materia che rischia ad ogni passo di ricalcare le orme degli stalker originali. Altrettanto apprezzabile è il tentativo di innestare qualche contributo altro su un tessuto che fa ormai parte della storia letteraria della fantascienza. Quanto di buono l'autore realizza sul piano strutturale viene però compromesso dalla scarsa credibilità del personaggio che accompagna il lettore lungo gli oscuri percorsi della vicenda.
C'è poco da fare, se perdi la fiducia nella voce narrante della storia, ogni incertezza o dubbio tu possa avere su quel che stai leggendo cresce fino diventare insostenibile, erodendo via via la sospensione dell'incredulità che è alla base del patto non scritto tra l'autore e il suo pubblico.
I difetti del maresciallo Mancini, protagonista di Codice Morto, riguardano la sua credibilità nel ruolo che l'autore gli impone: presentarlo sotto l'ormai abusata luce del reduce traumatizzato dall'esperienza e amareggiato dalla vita rischia di soffondere la lettura di un senso deja vù nei casi migliori, di sfociare nel ridicolo nei peggiori. Di Takeshi Kovacs ce n'è uno, e beh… per quanto buona volontà ci si possa mettere, quando hai certi riferimenti è davvero dura riuscire ad essere all'altezza dei propri modelli. Soprattutto quando poi ti rendi conto che sono proprio le basi quelle che mancano. Vedi, per esempio, rendersi conto che l'esperienza bellica del nostro eroe si limita a una qualche decina di giorni nella foresta incantata, e l'unico suo successo sta nell'essere riuscito a ritrovare la strada di casa. Ma anche a voler tralasciare questo dettaglio, quel che si sente spesso vacillare è quell'equilibrio difficilissimo da gestire nella personalità del protagonista che è amareggiato ma deve essere eroico, è traumatizzato ma al contempo si dimostra indispensabile ed efficiente, lavora per i cattivi, ma in fondo lui è uno dei buoni.
Rispetto ai lavori precedenti di De Matteo Codice Morto dimostra comunque una maggior attenzione ai comprimari e una gestione dei dialoghi che se non è perfetta è comunque efficace. La trama invece m'è parsa interessante nelle idee messe in campo, ma un poco disomogenea nella divisione in due parti, nettamente distinte per tono e atmosfere, in cui è strutturato il volume.
Codice Morto rimane un racconto interessante per la qualità del setting ambientale, con un'inedita Basilicata perfetta nel suo ruolo di singolare luogo di visitazione e confronto, che risulta efficace sia dal punto di vista scenografico che funzionale. La città di Potenza presentata a inizio volume rimane impressa nel credibile incontro di nuove (retro)tecnologie, strutture residuali e confusione di fondo, così come i luoghi selvaggi di cui è costellato il racconto.
Non so quanto conoscere qualche retroscena sulla genesi del racconto abbia contribuito al mio giudizio, di sicuro ho avvertito forte il legame dell'autore con il contesto, come mi pare che la lunga storia di scrittura e riscrittura che ha caratterizzato questo progetto possa essere una delle cause della mancanza di omogeneità della trama. A breve mi attende la lettura di Terminal Shock, che son curioso di vedere come si sia evoluta la scrittura di Giovanni De Matteo dagli anni che separano l'ideazione e la stesura di Codice Morto da questa sua ultima prova letteraria.
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(Iguana blog: http://iguanajo.blogspot.it/2013/10/letture-codice-morto-di-giovanni-de.html )
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