idea interessante ma compitino svogliato... inizio a dubitare delle opere collaborative
Il libro mi è piaciuto, ma non mi ha convinto del tutto: a parte la desolazione di questo universo fantastico, resa molto bene, mi è sembrato un po' confusionario ed ho l'impressione è che i vari spunti narrativi non siano stati sfruttati appieno.
...ContinuaUn libro davvero interessante. La mano di K. Dick è molto evidente in alcuni passaggi e meno in altri, ma la storia è fluida e tiene costantentemente elevata l'attenzione del lettore nonostante i temi impegnativi che vengono conunque trattati con attenzione e in profondità.
...ContinuaBuon romanzo "on the road" prodotto dalla premiata coppia Dick-Zelazny, intreccio un po' semplice e personaggi poco approfonditi ma il ritmo narrativo è eccellente ed il finale soddisfa, due stelle e mezzo
Lasciamo perdere la fantascienza. Sì, va bene, c’è stato l’olocausto nucleare, pochi umani sono sopravvissuti in comunità isolate l’una dell’altra e la terra si è popolata di strane creature. Ma è solo un pretesto.
Un pretesto, uno sfondo, su cui Dick dipinge il suo libro teologico, la riflessione su Dio e sul male, il grande dibattito della coscienza di ciascuno.
È la storia di un paradosso. Il mondo è stato distrutto e si rinfaccia al Cristianesimo di non averlo impedito. Non ha impedito a uomini che lo praticavano di fare la guerra. Perché il Cristianesimo non ha migliorato il mondo? È una domanda a cui uomini di fede vengono chiamati a rispondere, è una delle massime obiezioni, una fonte di dubbio per chi crede e un argomento per chi non crede.
Però, ed è qui il paradosso, l’uomo che con la sua scienza al servizio della distruzione ha provocato tutto questo, viene elevato a dio, il dio della religione dominante, un dio violento e vendicativo in una credenza che ha come fine ultimo la morte che libera l’uomo dallo stato di oppressione in cui si trova.
La realtà di Dick, poi, è sempre piena di sfumature non presenta mai tagli netti e confini. E così anche Lufteufel non è onnipotente come si crede, soffre di dolori fisici lancinanti ed è capace di una sorta di pietà verso una povera ragazza disabile rigettata da tutti. Ma senza che nessuno si preoccupi di indagare a fondo, viene divinizzato.
Il pellegrinaggio alla sua ricerca, da parte di un altro reietto, procede per svelamenti ma, non per questo, fa cadere il bisogno dell’uomo di un dio costruito a sua immagine – il ribaltamento del Dio cristiano.
E, come in “Occhio nel cielo”, quando l’uomo diventa dio, o quanto meno pensa dio usando come criterio se stesso, il risultato è disastroso.
Dick, coadiuvato in questo romanzo da Roger Zelazny, non è un predicatore, non dà risposte, e soprattutto a domande profonde, esistenziali, su cui gli uomini si arrabattano senza trovare risposta. Semina però nel suo testo una serie di spunti di riflessione, di tracce da seguire alla ricerca, se non di una risposta, di un cammino da percorrere, un cammino che ogni uomo può intraprendere per non farsi tentare a costruire, credendo ingannevolmente di liberarsi, un universo da incubo.
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Il nemico ultimo che Paolo aveva riconosciuto – la morte – alla fine aveva vinto; Paolo si era sacrificato per niente.
Qualcosa o qualcuno tentò l’uomo al punto da indurlo ad allontanarsi e fare qualcos’altro. Egli rinunciò volontariamente a quella relazione perché riteneva di aver trovato un sistemazione migliore. E così ci siamo avvinti a Carleton Lufteufel, allo sputo e alle arm-ter.
Erbarme mich, mein Gott non è la lingua dell’istituzione militare tedesca, né quella dei cartelli industriali. È il Klagengschrei dell’essere umano, il grido d’aiuto dell’uomo. Significa ‘Signore salvami’.
Dio non dà sofferenza, quindi a Dio non si chiede pietà; gli si chiede salvezza.