Classico polpettone. Neanche da leggere in spiaggia, solo mieloso e prevedibile. Meglio la Kinsella, che almeno qualche risata la strappa e sa scrivere almeno un po’.
Mi aspettavo di peggio da questo romanzo, visto che avevo letto recensioni negative da parte di alcune amiche con cui di solito mi trovo d'accordo. Invece si tratta di una storia ben articolata, che all'inizio sembra somigliare parecchio a una versione di Rebecca di Daphne du Maurier ambientata a Ceylon, dal momento che la giovane Gwendolyn è la seconda moglie di Laurence Hooper, e che la morte della prima moglie appare piuttosto misteriosa. Però non c'è nessun culto della prima moglie, anche se i personaggi di cui si circonda Laurence sono davvero insopportabili (certo, non può disfarsi di sua sorella Verity, ma ci sarebbe da strozzarla). E Gwen è davvero un po' sprovveduta... anzi, proprio una cretina passiva che non sa alzare la voce per farsi valere, che solo alla fine - quando ormai è troppo tardi - riesce a tirare fuori un po' di energia.
...ContinuaUna lettura piacevole e niente altro, il finale era prevedibile già a metà libro. Lo stile di scrittura è molto banale, a tratti irritante per la melensaggine, non riesce ad emozionare nemmeno nella parte più "toccante" della storia.
Orribile, niente da aggiungere, la protagonista è quanto di più seccante possa esistere. sta lì a prendere la polvere, e li rimarrà. Anzi potrebbe essere un pratico sotto tavolo
“Il profumo delle foglie di tè” (edito in Italia da Newton Compton nel 2016) di Dina Jefferies (1948), autrice nata in Malesia e trasferitasi in Inghilterra a soli otto anni, è stato tradotto in diciassette lingue balzando subito in vetta alle classifiche in Gran Bretagna, dove ha soggiornato per diversi mesi.
La storia si svolge tra gli anni 20-30. Gwendolyn Hopper, una giovane sposa inglese, si appresta a raggiungere il marito Laurence a Ceylon, dove lui è proprietario di diverse piantagioni di tè. Gwen ritrova un marito un po’ differente da quello a cui era abituata in patria: sempre indaffarato, a volte cupo, come perso in certi pensieri, in certe intime inquietudini che non sembra propenso a svelare.
Gwen si deve abituare alla bellezza di quei paesaggi, al brulicare della gente che trova ad accoglierla al porto di Colombo, agli inebrianti profumi di fiori, di cannella e gelsomino, ai colori sgargianti dei sari indossati dalle donne del luogo, alla grande casa immersa nella foresta, ai versi degli animali, ai tramonti che tolgono il respiro così come all’afa e all’umidità del clima.
In un mondo per lei totalmente sconosciuto, Gwen dovrà iniziare la sua nuova vita mentre le vicende storiche si avvicendano proseguendo il loro corso con i primi tumulti per l’indipendenza di Ceylon, i problemi legati al colonialismo inglese, gli scontri tra le diverse etnie, la grande crisi del ’29 e il rilancio dell’economia.
Gwen conosce un raffinato artista cingalese, Save Ravasinghe, un uomo che tornerà spesso nella sua vita, nel bene e nel male.
Innamorata del marito, gravata di diverse responsabilità inerenti alla gestione della casa e dei servitori, importunata dalla presenza soffocante della cognata Verity, morbosamente attaccata al fratello, Gwen rimane incinta ma il momento gioioso e difficile del parto sarà funestato da una terribile decisione che dovrà prendere se vuole salvare se stessa e il suo matrimonio.
Con forza e sofferenza, piegata dai sensi di colpa, imperterrita ma fragilissima, Gwen riuscirà a rimettere in carreggiata la sua vita che alla fine si mostrerà in tutte le sue molteplici verità.
Con una scrittura semplice e chiara, scorrevolissima e ricca di profonde e bellissime descrizioni ambientali, in grado di catapultare il lettore all’interno della magica isola di Ceylon, (descrizioni che sono la parte migliore) il libro tratta, anche se in modo superficiale, dei temi dell’amore, del rimorso, della confidenza tra coniugi, ma anche della discriminazione, del rifiuto, della povertà, di tutto un popolo che cerca di affrancarsi dal giogo del padrone per raggiungere migliori condizioni di vita.
Lettura piacevole anche se non un capolavoro, perfetta per chi come me, aveva voglia di un bel polpettone da gustare con il cervello in modalità “relax”.