Ho letto - Il sopravvissuto - dopo aver affrontato M, il figlio del secolo che nonostante il doppio delle pagine risultava essenziale, interessante e scorrevole rispetto a questo testo. Il sopravvissuto è verboso, si dilunga in ragionamenti, in cul de-sac esistenziali, in malinconie adolescenziali da cui non c'è riscatto e niente di tutto ciò è giustificato dal ruolo di sopravvissuto del protagonista. A metà libro ho pensato che tutta quella raccolta di luoghi comuni sul prof. Marescalchi- sull'essere uomo di filosofia, sull'essere insegnante, di mezza età, 40enne, solo, piacione ma con eleganza - fossero un po' troppi anche nel caso di premeditazione.
...ContinuaUn po' troppo "scritto", un po' troppi aggettivi, un po' troppa introspezione inconcludente, un po' troppa benevolenza intergenerazionale.... Non tutto e' da buttare, anzi, ma una maggiore cattiveria e un po' piu' di coraggio avrebbero reso il tutto, un libro migliore.
...ContinuaDuecento pagine di ossessioni e secrezioni.
Pura maniacalita': non c'è lampo di ironia ne' speranza.
Solo puzza.
Peccato, un talento annegato nel disagio (ma non è Bukowsky...), e la storia non e` male.
Lo stile, pur essendo colto e ornato, intristisce il lettore nella totale assenza di leggerezza.
E la trasfigurazione di Vitaliano in eroe greco - oltre che, evidentemente, oggetto di una sfrenata passione erotica - e` abbastanza comica.
Perdibilissimo.
non ci sono molte cose tristi e spiacevoli come una giornata di pioggia quando sei al mare.
è come un tradimento, una fregatura. il sapore della delusione ti raggiunge dal primo istante in cui, alzandoti, ti affacci alla finestra e capisci che sarà un giorno sprecato.
tempo stipato da giochi da tavolo imposti e forzata convivenza in spazi chiusi.
persino la pasta al pomodoro e tonno preparata per pranzo saprà di amarezza.
questo libro è un po' così.
e poi io non lo so, scurati non lo conoscevo.
ma il suo modo (impeccabile) ma, davvero, decisamente verboso di scrivere a tratti da davvero sui nervi.
chi l'ha detto che scrivere bene significa infarcire ogni frase di parole talvolta impossibili da pronunciare?
e, infine, un finale, Antonio, potevi anche concedertelo, eh.
...ContinuaIl libro non si discosta dall'analisi generazionale e dal romanzo di formazione: il contesto è quello dell'Ammaniti migliore (mi ha ricordato molto da vicino "Come dio comanda") senza averne però la stessa carica dirompente e lo stesso coraggio descrittivo. Vitaliano e Andrea (i due protagonisti del racconto di Antonio Scurati) si annusano e si soffiano come due gatti minacciosi, mancando l'appuntamento con l'agguato finale. E un po' il sapore è proprio quello di un coito interrotto: lunghe speculazioni sullo scarto generazionale tra docente e discente, sui sogni di gioventù di due persone diverse eppure simili, di due affinità elettive, di due persone inquiete in cerca di pace. In questo senso coraggioso da parte di Scurati sostituire l'azione con la riflessione, peccato che risulti in più punti un tantino noioso (diciamo che avrebbe potuto sforbiciare almeno un 20-30% del racconto senza che questo alterasse la sostanza del romanzo).
...Continua