Terminato dopo parecchi mesi di lettura, intervallata con altri romanzi meno ostici. Non è stata una passeggiata farsi strada in questa mostruosa e caotica sarabanda di vicende, personaggi, gag, digressioni a sfondo storico-scientifico e varie oscenità, che si dipana per quasi mille pagine. Tuttavia, alla fine, il nebbione in cui mi sentivo smarrito è sembrato diradarsi un poco, e mi è parso di riconoscere qualche filamento della sottile ma vastissima trama che collega i diversi episodi e protagonisti.
Perché davvero siamo di fronte, com'è stato scritto, ad un “romanzo-mondo”, solo che è un mondo impazzito, in cui tutti i personaggi agiscono in base alle loro pulsioni e psicosi, quando non sono strumenti di un misterioso “complotto” ordito da Loro (fantomatica ed ipotetica entità che tira i fili della vicenda, ma anche unica apparente fonte di controllo dell'ordine razionale delle cose).
In un'Europa devastata dalla guerra si svolge una picaresca e collettiva "quest" alla ricerca del Razzo (la V2, lo S-gerat) che assurge al ruolo di ossessione terminale, simbolo della Tecnologia come meta finale del progresso umano e contemporaneamente come agente di morte, di distruzione della vita stessa, quasi una sorta di Graal alla rovescia (non è un caso che gli studi per la V2 abbiano fatto da presupposto per il successivo sviluppo delle armi atomiche da parte delle potenze alleate). Nel mondo di Gravity's Rainbow siamo davanti alla totale assenza di strutture sociali, familiari, morali, men che meno politiche o religiose, in grado di dare un significato alle vita ed alle azioni delle persone. Unica alternativa alle proprie ossessioni è per ciascuno lo stordimento a base di sesso, alcool o droghe, o la sottomissione alle misteriose autorità che manovrano i fili della trama. L'effetto è quello di una gigantesca pala di Bosch o Bruegel del XX secolo, dietro al cui visibile caos si fa intuire al lettore la presenza di una complessa struttura simbolica i cui significati e rimandi sono comunque oscuri.
Queste mie impressioni di lettura non vogliono, né ovviamente possono, essere una recensione di uno dei testi più celebri e discussi della letteratura contemporanea. Mi piace però rimarcare come, se affrontato con un minimo di determinazione e interesse, il romanzo regali secondo me parecchi momenti di puro piacere (il talento di Pynchon non si discute), tratteggiando personaggi ed episodi che rimangono impressi a fuoco nella memoria. Con mia sorpresa, al termine del romanzo mi sono trovato quasi più incuriosito che non durante la lettura stessa, riproponendomi di tornare ancora fra le sue pagine, magari fra qualche tempo quando avrò smaltito l'indigestione che indubbiamente mi ha provocato.
PS Di Pynchon avevo già letto, molti anni fa, “V” e “L'incanto del lotto 49”. Non date retta a chi dice di approcciarlo partendo dalle opere più accessibili, con Pynchon cominciate da qui.
Riletto dopo dieci anni circa: ci ho capito poco, mi è di nuovo sfuggito il senso totale delle storie che si intrecciano in questo caleidoscopio fantastico, ma bello bello bello.
Ogni capitolo è una meraviglia, ogni personaggio possiede una solidità peculiare e il tono grottesco rende ancora più vivo il dramma che vive.
Ma non ho capito dove vuole andare a parare.
Spero che tra circa dieci anni la prossima rilettura me lo faccia comprendere.
NO.
Ps. Non avrei voluto aggiungere al altro, ma spiego il mio "no": è contro l'entropia, l'esagerazione, la prolissità, lo schifo. Ahimè la genialità (?), la pazzia, la competenza fisico-matematica (!) non sono state sufficienti a farmi apprezzare questo volume, considerato un caposaldo del Novecento. Navigherò persa, animula vagula blandula, priva di questo punto di riferimento, credo lontanissima da questi lidi.
Ps del Ps
Ciao Roth! Oggi sei il solo nei miei pensieri.
Quando ero piccolo giocavo spesso con le biglie, non ne avevo molte, ma una quindicina circa sì e la mia biglia preferita era quella che troviamo qui in copertina in primo piano. Ricordo che la guardavo così da vicino che quasi quasi mi girava la testa e avevo un senso di disorientamento, ecco questa sensazione l'ho avuta per tutta la durata di questo romanzone, un libro davvero fuori di testa.
Ora immaginiamo di essere davanti al calderone di Panoramix, quello dove il druido preparava la mitica pozione magica per Asterix e i suoi amici. Ecco ora prepariamo la pozione magica di questo libro: partiamo con una bella mestolata di Storia, poi seguita da una cucchiata di Matematica ed una di Fisica e Chimica e mescoliamo un po', ora è il momento di una dose generosa di surrealità, grottesco e ironia nera e riprendiamo a mescolare, quando il tutto sta per bollire, ci aggiungiamo dell'erotismo flambè (quanto basta, molto direi) ed infine una vagonata di scrittura stupefacente. Eccoci qui il capolavoro è servito, bevetene tutti!
Lettura molto difficile a prescindere dal considerevole numero di pagine (oltre 1000). Emerge una notevole competenza di Pynchon nel gestire l'intorno storico di cui si tratta nel romanzo. Ma rimane una sensazione di confusione generale. Anche dal punto di vista stilistico nulla di nuovo. L'opera di Pynchon è molto lontana da Wallace Foster e anche da Joyce,
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