Impossibile restare delusi da un romanzo di quest'autrice. "Metà di un sole giallo" continua a restare il mio preferito in assoluto, ma anche "L'ibisco viola" è davvero un gran bel romanzo. Kambili all'inizio è ancora una bambina, che non sa niente del mondo e non pensa neanche al suo futuro, perché suo padre l'ha già fatto per lei. Poi impara che la realtà può essere diversa da quello che le ha insegnato suo padre: può ridere, può divertirsi, può voler bene a suo nonno anche se è un "pagano", può far sentire la sua voce, può amare, può sentirsi finalmente libera e sbocciare come "l'ibisco viola sperimentale di zia Ifeoma...raro, con uno sfondo fragrante di libertà, [..] una libertà di essere, di fare".
...ContinuaSono bastate poche pagine e, come in ogni libro di Chimamanda Ngozi Adichie, mi sono ritrovato nella storia. Ero in Nigeria, ero a Nsukka, discutevo con Obirora, soffrivo per Jaja e Kambili, soffrivo con Jaja e Kambili. Come sempre, alla fine della lettura di un romanzo di Chimamanda, si resta con quel senso di vuoto e con la domanda: è già finito?
...ContinuaSe la mia memoria mi permettesse di ricordare tutti i vocaboli di etnia Igbo dei quali l’autrice fa continuamente uso , dopo questo mio terzo romanzo dovrei averne acquisito una certa conoscenza.
Purtroppo così non è quindi quando essi ricompaiono , essendo quasi impossibile tradurli esattamente con l’aiuto di Google , sono costretto a ricorrere all’immaginazione.
Un neo che sarebbe ovviabile utilizzando un glossario finale , che purtroppo non ho trovato nella mia versione digitale , ma ciò non inficia la validità di un bel romanzo , che è il primo scritto dall’autrice , nel quale incombe la figura torreggiante di Eugene , l’agiato titolare di un giornale non allineato con le posizioni governative , tanto buono e generoso nell’elargire somme considerevoli a favore della chiesa cattolica e di altri enti assistenziali , quanto inflessibile e violento nei confronti dei due figli e di una moglie totalmente succube e sottomessa , a causa della sua distorta e malata concezione della fede che lo porta addirittura a mettere al bando il vecchio padre Papa-Nnukwu ritenuto un “pagano” per il suo attaccamento alle ancestrali tradizioni degli antenati.
Ma sarà proprio dalla zia Ifeoma e dai suoi tre figli Amaka, Obiora e Chima , unici parenti a prendersi cura del vecchio , dall’ambiente povero ma sereno nel quale essi vivono , che Jaja e Kambili , i figli di Eugene , impareranno i valori veri della vita diventando a poco a poco adulti e consapevoli .
Una narrazione intensa , ricca di contrasti e di contraddizioni , con personaggi ben definiti e con un finale imprevedibile , che ha portato giustamente alla ribalta una scrittrice sensibile ed attenta a cogliere il profondo malessere del suo paese natio , la Nigeria , dove si fondono etnie e culture diverse e dove la corruzione sembra essere il denominatore comune nella vita politica , nelle istituzioni governative , ma anche nella vita di tutti i giorni , nella quale si colgono accenni ai sanguinosi moti rivoluzionari che costituiscono la seconda parte del suo secondo e potente romanzo “La metà di un sole giallo” .
Non il capolavoro di cui si dice ma un libro che sa costruire la banale ripetitività della tensione e la rottura dell'ordine. Sicuramente un romanzo che va in crescendo.