Rece aggiornata al 2021: The Stand è il mio libro preferito di Stephen King, e molto vicino ad essere il mio libro preferito di sempre. L'universo che qui è stato creato dal Re è, nella mia umile opinione da ammiratrice, il migliore di tutti quanti. Senza soffermarmi troppo sulla trama, il percorso che i numerosi personaggi effettuano (sia letteralmente che, soprattutto, spiritualmente) mi fa venire la pelle d'oca. Ogni personaggio ha una storia interessante dietro, ed è bello scoprirli man mano - fino a che, come nei preferiti di King, le loro vite iniziano ad intrecciarsi. E' molto emozionante per me leggere del libro incontro di Larry e Nick, o di Larry e Harold, /chiunque/ e Mother A... ma anche Larry e Flagg, tra i più interessanti di tutti. Questo libro, letto almeno 3 volte di cui 1 in lingua originale, non smette mai di emozionarmi, pur ricordando ogni avvenimento nei minimi particolari. Non ho altre parole per descrivere la bellezza, la complessità, la vita che sprigiona da ogni pagina, anche quelle che parlano di distruzione e morte. E' lungo, a tratti pesante, ma staccarsi è impossibile, perché /vuoi sapere/ come andrà avanti... impossibile non affezionarsi ai personaggi, anche quelli che magari finisci con l'odiare. E' vero, il finale non è proprio tra i più belli scritti da King, ma è solo una piccola parte di un universo di cui, il vero punto, è il percorso fatto per arrivare alla fine.
...ContinuaDopo aver letto il bel numero monografico dedicato a Stephen King dalla rivista “IF – Insolito & Fantastico” (Edizioni Odoya, 2019), mi è venuta voglia di leggere “L’ombra dello scorpione”, di cui hanno scritto in questo numero 23 soprattutto Salvatore Proietti e Roberto Risso.
Per Proietti questo romanzo è “forse la sua versione del ‘grande romanzo americano’” in cui “anche i linguaggi (a partire dal dialetto) si affastellano” e l’autore pare “sempre alla ricerca di significati multipli, contraddittori e sfuggenti”.
Dato che considero King forse il miglior autore vivente, non potevo perdermi un’opera simile, oltretutto in un momento storico come questo, in cui ce ne stiamo rintanati per paura della pandemia globale di covid-19. “L’ombra dello scorpione” (“The stand”, 1978) ci parla proprio di questo, di un’epidemia (ancor più) devastante, che decima la popolazione mondiale. Libro da far leggere a tutti gli incompetenti che osano dire che “nessuno poteva immaginarsi l’arrivo di una pandemia come questa”, quando esperti e scrittori ne annunciano l’arrivo almeno dai tempi della spagnola e ancora, probabilmente, questa non è la grande pandemia globale attesa, che dovrebbe portare almeno cento milioni di morti.
Leggo su wikipedia che “L’ombra dello scorpione (The Stand) è un romanzo post apocalittico scritto da Stephen King, pubblicato nel 1978. Il romanzo sviluppa l’ambientazione già presente nel racconto Risacca notturna e presenta per la prima volta l'antagonista per eccellenza di King, Randall Flagg, che apparirà anche in Gli occhi del drago e nella saga della Torre Nera. Nel 1990 ne è stata pubblicata una "Edizione integrale" (The Stand: The Complete & Uncut Edition), datata febbraio 1975 - dicembre 1988.”
Ne ho letto tale versione completa.
Devo dire che, forse, partivo con troppe aspettative verso questo romanzo, che, nella sua prima parte mi è parso un po’ troppo mainstream, storia di provincia americana, con tanti (troppi) personaggi, ognuno con una sua bella storia e profondità ma che stentano a confluire, come avverrà dopo molte pagine, in una narrazione unitaria. Diciamo che è un romanzo “corale”, ma in questo non mi è parso il migliore che ho letto. Meglio, per dirne uno, “Invasione” di Turtledove. Persino la malattia, ora che la stiamo già vivendo, mi è parsa fin troppo “normale”. Poi, King prende velocità, compare l’uomo nero, compaiono un po’ di poteri ESP, la storia prende una sua unitarietà e un suo perché. Mi chiedo se non mi sarebbe piaciuta di più la versione breve del 1978, forse sì, anche se nessuna pagina in King è senza contenuti o emozioni, ma una maggior densità di trama non avrebbe guastato. Certo, andrebbe ormai letto in una prospettiva storica: nel 1978 era un romanzo che annunciava un futuro distopico che poteva parere fantascientificamente impossibile e la sua carica di novità era certo diversa.
Ho adorato la serie della “Torre nera”. Anche questa saga parte un po’ al rilento e se mi fossi fermato al primo volume, non avrei potuto apprezzarla. Altre volte, invece, King riesce a partire subito in quinta. Pensando alla “Torre Nera”, si dice Randall Flag, l’uomo in nero, sia lo stesso lì e qui, ma a me pare che lì sia quasi un altro personaggio, con altra funzione.
Anche qui abbiamo un “mondo che è andato avanti” in senso negativo. Ci sono le amicizie, che sono tra le cose più belle di King, ci sono personaggi ai margini della società con una loro dignità (il sordomuto, lo scemo, l’ultracentenaria….), c’è la violenza che ci caratterizza come specie, ci sono le armi, c’è la triste provincia americana, qui ancor più devastata, c’è la magia della mente, come spesso in King. Un grande libro importante, anche se non il migliore che io abbia letto sinora del re degli scrittori.
Sarebbe una rilettura, ma a suo tempo, primi anni '90 avevo letto la prima versione. Questa integrale è... lunga. A tratti ho pensato che le pagine in più abbiano in realtà appesantito la lettura e di fatto ho letto molto più lentamente del solito. Si tratta di un buon libro, personalmente non è nei miei preferiti di King ma è comunque tra i precursori moderni delle millemila storie postapocalittiche degli ultimi anni che causano un'impressione di dejavu scorretta nei confronti dell'ombra dello scorpione... E a proposito del titolo italiano. Ma ci piace davvero? Solo mentre stavo terminando ho colto il labile riferimento nel discorso tra Tom e Stu... in originale il titolo The Stand suona qualcosa come "La resistenza", L'opposizione", termini che in Italia richiamano altri significati e situazioni storiche.
Ah.. il finale non è del tutto convincente, azzardo che in generale sia un tallone di Achille in svariati dei romanzi di King. Resta comunque un libro importante e da leggere... magari consiglierei di leggere la prima versione pubblicata in Italia, più breve di centinaia di pagine e più scorrevole ;)
Non vogliatemene, ma The Stand mi ha lasciato un po’ tiepidino.
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Non dico che non mi sia del tutto piaciuto, solo che probabilmente volevo qualcosa in più. Il problema è che è decantato da 30 anni come l’Opus Magnum di Stephen King, e le mie aspettative erano ben oltre la stratosfera.
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Cosa non sbaglia mai King nei suoi romanzi? La caratterizzazione dei personaggi. È un genio nel parlare dell’uomo e delle sue più grande paure e debolezze. Poi, gli si possono criticare i finali, l’essere prolisso, tutto quello che volete. Ma non i personaggi.
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Ecco, quello che trovo sia riuscito male (diciamo meno bene del solito) è la profondità dei protagonisti, nonostante le 1400 pagine a disposizione. Partiamo con una piuttosto lunga introduzione in cui ciascuno dei protagonisti è caratterizzato minuziosamente (a discapito del ritmo della storia) e, ovviamente, nessuno riesce ad essere solo positivo o solo negativo, piuttosto ognuno ha le sue luci e le sue ombre.
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Poi scoppia l’apocalisse, inizia la versione Kinghiana dello scontro Bene/Male, si rimescolano le carte e scendono in campo gli stereotipi. A quel punto ne giova il ritmo del romanzo ma i personaggi perdono tutta la caratterizzazione. Ognuno di loro, così complesso inizialmente, diventa o solo bianco, o solo nero. Tanto che dei protagonisti, i “buoni”, tendono tutti a comportarsi nello stesso modo. Come se ogni persona evolvesse, ma solo in una direzione, o quella del Bene o quella del Male.
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Questo comunque non inficia la lettura, che soprattutto nella seconda parte resta molto scorrevole.
Se non lo avete letto, vi consiglio comunque di recuperarlo perché è un bel viaggio, a volte impegnativo, ma bello, in cui morte e rinascita della civiltà sono forse l’aspetto più interessante.
...Continua