In un'ipotetica classifica dei migliori personaggi della letteratura italiana, Zeno Cosini occuperebbe sicuramente uno dei primi tre posti. Più scaltro che intelligente, meschino e cialtrone ma più a parole che nei fatti, ingenuo ma all'occorrenza (cioè spesso e volentieri) gran bugiardo, sognatore ma anche molto concreto e soprattutto gran paraculo, con la verve e lo slancio con cui getta sistematicamente cuore e polmoni oltre l'ostacolo batte il tempo e fa risuonare come una cassa armonica un romanzo straordinario, uno dei punti più alti della nostra letteratura che ha influenzato direttamente o indirettamente tutti gli autori successivi, rimanendo per parecchi versi insuperato.
"La Coscienza di Zeno" è infatti un'opera di narrativa incredibilmente originale, dallo stile moderno, rapido e brillante soprattutto nell'approccio perché mai prima di allora una storia era stata presentata da un punto di vista così intimo: addirittura dalla testa del protagonista che spiega ogni sua decisione, ogni suo processo mentale, ogni sua tentazione e ogni suo lapsus.
Quella che ne viene fuori è la classica Opera da leggere e rileggere più e più volte perché ad ogni giro offre qualcosa di diverso. Per fare un esempio, la prima volta che lo lessi, in quinta superiore, rimasi profondamente affascinato dalla figura di Ada, questa bellezza lontana, inavvicinabile, inattaccabile. Ritrovata oggi invece mi è apparsa come una gran rompiscatole, fredda, egoista e priva di senso dell'umorismo con cui non avrei mai trovato nulla in comune.
Analogamente Zeno che al diciassettenne che ero all'epoca apparve un po' tocco, oggi a quel quarantenne e rotti che son diventato risulta molto più vicino e comprensibile, senza dubbio il migliore in campo anche se è Guido, prodigio di ambiguità, in perenne bilico tra melodrammatico e grottesco tenuto in equilibrio dal lavoro in sottrazione fatto dall'autore, il vero motore dei due principali punti di svolta della vicenda e di tutta la fase mediana a cui imprime passo e direzione, lasciando al protagonista solo un gioco di risposta.
Per il resto la storia tiene benissimo fin quasi verso la fine, quando il filone principale si esaurisce ed il protagonista si ritrova a tirare le fila e un bilancio anche spirituale della propria esistenza, ma la profezia apocalittica che chiude il racconto, trent'anni prima dell'invenzione della bomba atomica, ridesta di un colpo l'attenzione del lettore.
Per tirare i conti della serva, cinque stelline alla vicenda, cinque allo stile, cinque ai personaggi, cinque al ritmo. Che chiedere di più?
...Continua“Eppoi il tempo, per me, non è quella cosa impensabile che non s’arresta mai. Da me, solo da me, ritorna.”
Una lettura classica e imprescindibile. Potrà piacere o meno (de gustibus... ) ma deve essere letto. Personalmente non l'ho trovato né lento né cervellotico come spesso viene ritratto. È uno splendido frammento della nostra letteratura.
Finished this book yesterday while my internet was down (Ahh how much I have forgotten its nice to relax with a book on a steamy Roman evening. Svevo is in so many senses, a thoroughly French novelist which is unusual for an Italian. Like French writers I find him overly introspective, morally lacerated, solipsistic (in a Sartrean sense), morbidly self-conscious and brimming with weltschmerz. His comedic approach is often acerbic and bile-encrusted. The Baudelaire jet-black sort that sometimes makes my remember how much Svevo (and I) have a fascination with the gesture and the spoken word.
...Continua