Romanzo molto particolare. Si tratta del secondo di una serie ambientata in un Egitto alternativo, a metà strada tra l’argomento storico e la fantascienza. In esso si mescolano luoghi e usanze dell’antico Egitto ed elementi fantasy, presi in prestito dalla religione egizia, a tecnologie fantascientifiche e pseudoecologistiche. Ne esce fuori un mondo pieno di contraddizioni e fortemente anacronistico, ma non privo di un certo fascino.
All’autrice, Clelia Farris, si deve riconoscere l’enorme fantasia che, unita a una certa conoscenza della storia e religione egizia, è stata in grado di concepire questo universo dall’indubbia originalità.
Molto particolare è anche il suo stile, fortemente costruito, elaborato, ricco di figure allegoriche, in cui si fa ampio uso di sensi inusuali per descrivere la realtà in cui si muovono i personaggi, cioè olfatto, tatto, perfino gusto. Questa scelta tende a trasmettere un’immagine quasi misteriosa delle scene mostrate.
Dovendo giudicare il romanzo, solo tenendo conto di questi due aspetti, cioè stile e ambientazione, non posso che considerarlo originale, quasi geniale, ed esteticamente molto bello.
Il problema, però, è che un romanzo deve anche raccontare una storia, che sappia emozionare i lettori e tenerli attaccati alle pagine, per sapere come andrà a finire, tanto più che questo libro sembra avere le caratteristiche di un thriller, o addirittura di un vero e proprio poliziesco. Infatti ci sono degli omicidi, c’è una squadra che investiga e alla fine si scopre il colpevole.
Nel leggerlo, però, succede una cosa strana: ci si distrae.
Lo stile bello, ma a volte criptico, non permette di visualizzare le scene e i personaggi, o meglio permette di farlo solo grazie a un certo sforzo da parte del lettore. Il risultato è che più volte mi sono ritrovata a tornare indietro e rileggere, perché semplicemente avevo perso il filo, avevo iniziato a pensare ad altro, perdendo la concentrazione nei riguardi della storia.
In poche parole la storia non riusciva a prendermi.
Ho cercato di capire quali fossero le cause delle mie distrazioni, a parte lo stile, al quale pian piano si finisce per abituarsi e diventa più facile da seguire.
C’è da dire che non ho letto il primo romanzo (“La pesatura dell’anima”), ma non penso che ciò abbia influito, in quanto mi sono documentata su di esso, per comprendere meglio l’ambientazione in cui mi stavo immergendo. Dal punto di vista della trama questo romanzo è indipendente rispetto al precedente, quindi non credo che sia questo il motivo.
Una causa può essere il fatto che io sono un’egittofila, cosa che poi mi ha spinto a leggere il libro, e mi sono trovata più volte a storcere il naso di fronte a certe scelte dell’autrice, come quella di un Egitto in cui il popolo si sia ribellato contro la dinastia, creando un governo rivoluzionario. Una storia del genere, che costituisce il background in cui si muove il romanzo, diverge moltissimo dall’idea che un egittofilo si fa della civiltà egizia (e da cui proviene gran parte del suo fascino), dove i faraoni erano venerati, ma soprattutto amati senza alcun tipo di costrizione, e visti come servi dell’Egitto e non come suoi padroni.
Okay, questo è un romanzo distopico e quindi si può fare quello che si vuole, ma non siamo tutti costretti a farcelo piacere.
Ma il motivo principale delle mie perplessità non è neppure questo. L’impressione generale che ho avuto è di una storia piena di tante di quelle cose, così da distrarre il lettore dalla stessa trama. Ci sono tante scene, belle e poetiche, che però non fanno avanzare la trama, ma la rallentano, la interrompono. Ci sono tanti personaggi, su cui l’autrice si è soffermata parecchio, ma alla fine nessuno di loro, nemmeno la protagonista, riesce a convincermi del tutto. L’(ab)uso dei sensi alternativi e delle figure allegoriche per la descrizione degli ambienti di fatto il più delle volte non permette di “vedere” la scena. Il coinvolgimento di più sensi dovrebbe arricchire questo aspetto, ma non se questo avviene a discapito dei sensi principali: vista e udito. Oppure laddove c’è una vera descrizione oggettiva di un ambiente, essa è talvolta ridotta a un freddo elenco.
Inoltre la parte per così dire poliziesca è un po’ dispersiva. Il cattivo di turno è evanescente, si ha l’impressione che non abbia nessuna importanza. Non si capisce esattamente quale sia il motore della storia: gli omicidi, gli scambi dell’anima o i cambiamenti fatti dalla protagonista nell’ambito sua vita? Forse tutti, ma nessuno di essi sembra mosso da motivazioni credibili.
Alla fine è forse una faccenda di credibilità.
O magari solo di gusti.
Voglio inoltre aggiungere un piccolo appunto all’eccessivo uso di terminologie “tecniche”, che insieme ai nomi, spesso difficili da ricordare, spezzano il ritmo del racconto. L’idea di mettere un glossario è buona. Peccato, però, che il suo eventuale uso, spesso poco agevole, non sia altro che un ulteriore fonte di distrazione durante la lettura.
Immaginiamo un futuro alternativo dove quello che noi consideriamo "Antico" Egitto esista ancora.
Immaginiamo che in questo Antico Egitto ci sia stata una rivoluzione che ha permesso di cacciare i regnanti della Dinastia al potere e di aver insediato un nuovo governo, la Medithe.
Immaginiamo un mondo dove, attraverso una rivoluzione genetica, il mondo vegetale ed animale vive ed interagisce con una tecnologia "verde" che ci rende più facile la vita. Volgendo lo sguardo intorno a noi potremo vedere un lussureggiante susseguirsi di piante che sono sgabelli, tavoli, lampade; ostriche che diventano ostrakon (simil-cellulare che trasmette comunicazioni in forma scritta); caimani che mutano in caimano (imbarcazione con parti biologiche derivate dall'animale omonimo).
In questa nuova società, all’interno del corpo di polizia, c’è una squadra di agenti che sono considerati "la punta di diamante", il meglio del meglio, sono i Sette.
Oltre ad essere degli investigatori eccellenti, questi agenti hanno un compito particolare, delicato e segretissimo: catturato un colpevole di omicidio, con l’aiuto della Dea Iside, effettuano uno scambio di anime, tra l'omicida e la vittima, e riportano in vita la persona che era morta; una vera e propria resurrezione.
Attraverso le vicende dei componenti della squadra e soprattutto di Naïma, una detective che viene inserita tra i Sette in seguito alla morte di uno di loro, ci immergeremo in un giallo pieno di colpi di scena e di suspance.
Tantissimi gli spunti di riflessione che ci vengono offerti da questa lettura; l'immersione nel mondo fantastico immaginato dalla Farris è talmente empatica che anche noi sentiremo gli odori che sentono i protagonisti, ci siederemo sulle corolle dei fiori, ci vestiremo di lino con loro. L’universo creato dalla Farris è affascinante, fuori da ogni cosa conosciuta, originalissimo.
L’impatto, all’inizio della lettura del libro, è completo e "straniante". La scelta della scrittrice di immergersi subito nel cuore della storia, senza neanche una parola di spiegazione su nulla, all’inizio, soprattutto per la presenza massiccia di parole e nomi assolutamente incomprensibili, crea una grande difficoltà di comprensione direi su tutto.
Il primo consiglio, che mi permetto di dare a chi volesse accostarsi a questo libro, è di avere accanto, e quando dico accanto voglio proprio dire accanto, il glossario che si trova alla fine del romanzo. Avendo letto il libro in forma digitale, non ho pensato subito di andarmi a leggere i significati delle parole ed ho fatto una fatica del diavolo a trovare/immaginare cosa mai volessero dire termini come Hedja, Mesone, Sabbia Fine, Serdab, e così via.
Una volta superato lo scoglio iniziale, ci ritroveremo immersi in un classico giallo serrato, con tanto di vittime, indagini, poliziotti e colpevoli. Nulla però è semplice, nulla è come appare e noi, insieme ai Sette, con caparbietà e coraggio, piano piano arriveremo al "cuore" di ogni questione.
È giusto resuscitare i morti? Di primo acchito sembrerebbe di sì ma... gli ex morti che ne pensano?
Chi è che sta cercando di prendere il potere e manipolare i Sette? Perché uno di loro è stato ucciso?
Tanti i personaggi e tutti approfonditi con cura. L'interazione tra di loro è un’altro degli aspetti affascinanti di questo libro; tutti dovranno affrontare dei cambiamenti ed una trasformazione che li renderà delle persone nuove, diverse.
Complimenti a questa scrittrice italiana che ha scelto di scrivere di fantascienza! In un panorama odierno desolante questo libro è simile ad un faro nella nebbia. Chi ama storie complesse e non si perde d’animo per le difficoltà iniziali, sono sicura rimarrà soddisfatto di questa lettura piena di contenuti così diversi ed interessanti.
Per chi ama la Fantascienza è imperdibile!
Si prova un piacevole straniamento immergendosi nelle pagine di questo libro in cui l’Egitto di un universo parallelo diviene terra di confine tra la vita e la morte.
In una caotica e cinetica contrapposizione tra eccessi moderni (l’uso di biotecnologie e lo spettro di antichi esperimenti genetici) e pura filosofia “verde” applicata alla vita di ogni giorno, si compone un seduttivo affresco, a ricche e vivide penellate, fatto di amori consunti, sodalizi inattesi, intrighi, crimini efferati e misteriosi. Nulla è insignificante o improvvisato. Ogni personaggio mantiene per tutta la narrazione la sua “raison d’être”, mentre...CONTINUA
http://paneeparadossi.netsons.org/?p=3064
http://scrittevolmente.com/2012/06/06/11610/
Quando ho finito di leggere La pesatura dell'anima, il primo romanzo pubblicato per la Kipple, ho subito pensato: c'è bisogno di un seguito! Il mondo creato dall'autrice era talmente affascinante da apparire fin troppo compresso e limitato in un solo romanzo di duecento pagine. Nel giro di un anno, la mia richiesta è stata esaudita!
Con La giustizia di Iside Clelia Farris torna a farci viaggiare nelle Due Terre: l'anacronistico, ucronico Antico Egitto dal sapore steampunk. Nell'epoca che ha visto il declino delle dinastie e l'ascesa di una nuova forma di governo ufficiale, a detenere il potere e il controllo sulla vita e sulla morte sono i Sette, una squadra speciale che si occupa di omicidi, in collaborazione con i Giudici della Morte e la dea Iside. Apoteosi dell'antichissima legge del taglione, i morti per omicidio possono esser resuscitati, la loro anima viene data indietro in cambio dell'anima dell'omicida. Un sistema, però, non infallibile, fosse solo per il peso psicologico che grava sui sette membri della squadra: e tanto basterebbe a chi volesse metterli fuori gioco, come le creature del Mare di sotto. Ma alla fine è con se stesso che ognuno dei sette dovrà fare i conti.
Continua su
http://www.lastambergadeilettori.com/2012/06/la-giustizia-di-iside-clelia-farris.html
Intervista all'autrice su
http://www.lastambergadeilettori.com/2012/06/intervista-clelia-farris-autrice-di-la.html