Per quello che capisco credo sia difficile non avere grande ammirazione per il lavoro di Scurati da ogni punto di vista: come storico, romanziere, politico. Un ritratto del fascismo e del duce non usuale anche di quanto è già saputo e soprattutto un continua sensazione di come tutto ineluttabilmente sia premessa di come andrà a finire.
...ContinuaForse a penalizzare Scurati è stato proprio il periodo storico ma a me questo secondo tomo della trilogia è piaciuto sicuramente meno. Mentre nel primo c'erano gli anni travolgenti dell'ascesa al potere, gli anni nei quali pur essendo ovviamente noto l'epilogo, rimaneva vivissima la curiosità di vedere fino a dove si sarebbe arrivati qui tutto questo manca e si scade nella politica e nei giochi di potere. Le folle e la vita quotidiana dell'Italia scompaiono e rimane solo un Mussolini schizofrenico nei suoi atteggiamenti, pieno di debolezze fisiche e morali e soprattutto vittima di se stesso e di alcune delle personalità che lo circondano. Adesso però aspetto con trepidazione il terzo perché se anche qui l'epilogo è noto rimane il fatto che Scurati sa davvero scrivere bene e regala sempre degli aneddoti molto ma molto interessanti.
...ContinuaContinuo a non comprendere l’ansia classificatoria di alcuni: è un romanzo? un saggio? è un romanzo privo di elementi narrativi? è un saggio con troppe concessioni alla fantasia? Che importa cos’è M di Scurati o cosa avrebbe voluto o potuto essere.
Per me rimane un esperimento unico nel noiosissimo panorama letterario italiano attuale, un esperimento eccezionale, che si fa leggere, che appassiona e che educa.
Il primo M più dinamico rispetto a questo? Ma senz’altro! perché “ardimentosi” erano gli inizi del fascismo. In questo secondo, si narrano, invece, 8 anni di politica romana, fatta di intrighi di palazzo, carriere burocratiche e militari, congiure e lettere anonime. I protagonisti sono ora quarantenni imbolsiti, timorosi di perdere le posizioni acquisite, in cui il fervore eroico è solo un vago ricordo. E Mussolini è sempre più un uomo solo, avvilito dalla malattia e dai sospetti, disilluso. Un uomo talmente solo da rimanere accecato dal suo ego, quell’ego che lo condannerà ad essere, per la Storia, il primo ed unico responsabile della rovina del popolo italiano, che pure lo aveva eletto a suo condottiero.
Quanto alla prosa di Scurati, enfatica, retorica, meticolosa, non so se per lui è consueta (perché di suo non ho letto altro), ma io, in M, la trovo perfetta.
Ancor più aneddotico del primo. Meno intenso e teso dal punto di vista narrativo.
La disputa sul tema “è un romanzo o no?” mi pare un esercizio vacuo. Romanza fatti storici frantumandoli in narrazioni aneddotiche attorno ad alcuni fili conduttori centrali. In questo caso, Turati, la guerra libica, il fascismo milanese e altri minori. Chi cercasse il rigore strutturale e stilistico del romanzo di qualità o il rigore accademico di un saggio di storia avrebbe sbagliato libro. Scurati d’altronde non è di sicuro uno storico e nemmeno un grande scrittore (comunque non mi è mai piaciuto). Qui però ha azzeccato l’architettura e la tonalità della narrazione; ha fatto un gran lavoro di documentazione e di selezione ed ha una posizione davanti ai personaggi ed ai fatti che racconta assolutamente condivisibile.
Bella la parte di Turati (Augusto, non il Turati buono). Non regge il confronto con quella di Matteotti del primo volume, ma fa scoprire un bel personaggio in chiaroscuro, che sta ai margini della storiografia “seria”.
Un po’ pallosa, ma anche coraggiosa la parte “libica”, con la denuncia degli orrori da operetta (che non significa meno orribili, anzi) del colonialismo italiano.
Segnalo i capitoletti in cui ci sono Edda e Galeazzo Ciano. Mi sono parsi di godibilitá assoluta. Il ritrattino di presentazione di lui in particolare é un cammeo. Ma anche quello di lei (gran personaggio letterario di suo, d’altronde) e le scene dal matrimonio (con il pollaio e l’orto di donna Rachele a Villa Torlonia) sono notevoli.
Il pregio maggiore, ancor più accentuato che nel primo, é quello di far uscir fuori molto bene l’aspetto eticamente ignobile, cialtronesco, umanamente inaffidabile dell’uomo Mussolini. Altrettanto vale per la miseria umana del pezzo d’Italia che fu lo scheletro ed il motore muscolare del fascismo. La sua attualità sta nel fatto, per dirla con un elegante francesismo, che i pezzi di merda si somigliano in tutte le epoche della storia. Basta affiancare i ritratti. Può quindi svolgere bene una funzione di didattica antifascista minima forse essenziale in questo tempo.
Anche perché si legge con una leggerezza tossica, con un piacere sproporzionato al suo valore. Pure questo è un merito in fondo. A saperlo sceneggiare ed interpretare sarebbe uno splendido materiale per una serie tv. Infatti pare che ci stiano lavorando.