Clelia Farris divide la popolazione di un indefinita nazione sudorientale tra Caino e Abele, lasciando mano libera agli assassini ed esplorando i meandri della mente delle vittime designate, anzi, marchiate sul corpo.
Se l'idea non è nuovissima e la cornice sociale è talvolta sin troppo indistinta, come romanzo di formazione funziona davvero bene e vanta una scrittura molto scorrevole, essenziale, mai banale.
...ContinuaRomanzo di fantascienza italiana edito da Delos e firmato da Clelia Farris. Sulla scrittrice non esistono informazioni che non siano quelle legate ai suoi libri; in un sistema editoriale come il nostro, che vuole l’autrice/autore sempre sul pezzo del marketing, a promuoversi su Facebook, fare book tour etc., la totale assenza del personaggio Farris mi ha fatto pensare a un desiderio di riservatezza stile Elena Ferrante; a rigor di logica, Clelia Farris sarebbe allora un nome de plume.
Il protagonista di Nessun uomo è mio fratello si chiama Enki, forse in omaggio al grande fumettista fantascientifico Enki Bilal. Per due terzi, il romanzo ricorda la sci-fi sociologica alla Ursula K. Le Guin. A predominare è l’ambientazione rurale della risaia, che è futuribile non in virtù dell’innovazione tecnologica, ma perché c’è qualcosa di difforme. È calata in un mondo che pesca a piene mani dal nostro stesso passato contadino. Fa pensare alla pianura padana del secolo passato, un mondo scomparso, ma ancora dietro l’angolo della memoria. Nel romanzo, il protagonista e la maggior parte dei personaggi hanno tratti asiatici, ma ci sono anche nomi latini; istintivamente, ci immaginiamo la storia ambientata nel sud-est asiatico, ma potremmo anche essere in un Europa ripopolata da cittadini provenienti dall’Asia.
Farris ci dice che in questo mondo succede qualcosa di strano: l’inghippo, la trovata su cui si fonda tutto è che ogni persona ha un segno sul corpo che la identifica come potenziale Vittima o Carnefice. Il che, ovviamente, apre una serie di questioni – oltre a ricordare vagamente La settima vittima di Sheckley, e il film di Petri. La prima parte del libro riguarda la formazione di Enki nelle campagne. Farris fa una scelta controcorrente narrando al passato remoto, cosa che nella sci-fi di oggi è piuttosto rara. Passa al presente indicativo solo nell’ultima sezione del libro, dove l’ambientazione cambia radicalmente, passando dalla campagna alla città, anzi, alla megalopoli, col protagonista ormai adulto. Questa parte, molto più concitata, suona quasi indipendente dall’inizio del racconto, come se fosse stata scritta prima e condividesse col resto solo lo scenario. Qui Enki si è trasformato in una specie di occhio privato dei segni V e C, con toni noir più tipici del cyberpunk – sommando questo dato al setting asiatico, mi ha fatto pensare a Greg Egan, più che a Gibson. Non ci sono insistenze su particolari aggeggi tecnologici, o neologismi azzardati; in questo modo, Farris riesce a creare un clima bizzarro, estraniante proprio per quanto è facile riconoscersi. La sensazione è che questa società potrebbe esistere anche ora, in qualche angolo lontano del nostro pianeta.
Le questioni legate al segno di Vittima e Carnefice non sono esplorate nel dettaglio, e ci sono parecchie cose che non tornano. Però pazienza, il punto non è quello, o solo quello; il romanzo è interessante, particolare, suggestivo. Ha qualche lentezza nella prima parte, riassorbita dalla seconda, che però è più breve. Lo sconsiglierei a chi è abituato a leggere una narrativa molto “facile”: questo libro responsabilizza il lettore/lettrice oltre quello standard, richiede apertura mentale, attenzione alla sfumatura, al dettaglio, insomma, sollecita un lettore adulto.
...ContinuaScritto bene, purtroppo non ho trovato particolarmente originale la trama… nonostante dei segni esistenziali distinguano gli uomini in Vittime/Carnefici si può scegliere chi essere e indirizzare il proprio destino indipendentemente dal proprio segno …conclusione alla quale si arriva seguendo le vicende di alcuni personaggi che coinvolgono il protagonista... mi aspettavo invece una prospettiva sociale, più azione e pericolo
...ContinuaStrano caso questo libro.
Fantascienza italiana, ambientata in un non meglio precisato paese esotico, in un'epoca imprecisata in cui convivono elementi arcaici e tecnologia avanzata.
Il libro è scritto bene, i personaggi descritti con cura, il finale sorprende.
Eppure... l'idea alla base del romanzo (ovvero la divisione della società in vittime e carnefici predestinati geneticamente) non mi convince.
Perchè non è molto originale.
Perchè non mi sembra una metafora interessante.
E soprattutto perchè non si riflette nella realtà che descrive: una caratteristica così incredibile sembra infatti calata in un mondo che prende elementi di epoche e luoghi diversi ma sempre attinti dalla realtà. La psicologia delle persone è influenzata pesantemente e realisticamente da questo fatto, ma non la società.
Cosa secondo me poco credibile.
Leggerò comunque volentieri qualcosa altro dell'autrice.
Sono rimasta delusa da questo libro, c'erano, a parer mio, le premesse per un libro coinvolgente e profondo, od anche a voler restare più in superficie, per un libro avventuroso... Niente di tutto ciò! Personaggi appena accennati e poco credibili, storia potenzialmente avvincente ma all'atto pratico piatta e noiosa. Peccato
...Continua