La questione tirolese durante il fascismo l'avevo già conosciuta coi libri di Lilli Gruber, ma Marco Balzano oltre ad una scrittura più avvincente aggiunge anche il tema del paese di Curon Venosta e della costruzione della diga. Confesso che anch'io sono uno di quei turisti che di fronte al campanile che emerge dal lago ho scattato foto, probabilmente col "sorriso deficiente" di cui parla l'Autore. "Deficiente" proprio delle conoscenze sulla storia del luogo e dei drammi sottesi.
...ContinuaEsiste un campanile in un piccolo paese del Sudtirolo che spunta da un lago artificiale ed è un posto dove molti amano fermarsi per farsi un selfie. Questo libro ne racconta la storia, una storia ovviamente romanzata ma che ha una forza potente , impressionante. E’ la forza di gente che ama la terra dove è nata e che lotta con i denti per salvare il proprio paese dalla devastazione di un presunto progresso .
Il racconto si snoda lungo il periodo che va dall’avvento del fascismo al dopoguerra ed è ricco di avvenimenti raccontati dalla protagonista Trina che sposa Erich un contadino del posto e ha due figli. E’ una storia di fatica , di perdita e dolore, ma anche di coraggio e determinazione. E’ una storia che arriva al cuore per la profondità con cui viene narrata, la descrizione dei sentimenti e il valore dei gesti.Alla fine la diga viene costruita nonostante la contrarietà degli abitanti che nulla contano contro chi ha ormai deciso ; poco importa se la diga non fornirà mai l’energia promessa. Ormai di questa storia dolorosa resta il campanile che è divenuto attrazione turistica:” I villeggianti ci passano all’inizio stupiti e dopo poco distratti. Si scattano le foto con il campanile della chiesa alle spalle e fanno tutti lo stesso sorriso deficiente. Come se sotto l’acqua non ci fossero le radici dei vecchi larici, le fondamenta delle nostre case , la piazza dove ci radunavamo. Come se la storia non fosse esistita ….. Nessuno può capire cosa c’è sotto le cose . Non c’è tempo per fermarsi a dolersi di quello che è stato quando non c’eravamo…”
Talora scegliere di restare è più difficile che andare altrove, andare via. La vicenda di Erich e Trina è il racconto di chi resta, nonostante tutto. Di chi restando, sa trasformarsi, in un divenire che deve fare i conti con la storia. La forza di restare, trasformandosi, elaborando il dolore, l'abuso, la diversità, la guerra è nel ritrovarsi insieme. Erich e Trina, restano, insieme, tenendosi la mano. Erich e Trina, restano, insieme con tanti personaggi, uomini e donne con cui hanno condiviso un pezzo di strada: le amiche maestre clandestine, un gruppo di disertori, i contadini dei masi, il comitato contro la costruzione della diga, i sacerdoti coraggiosi. Sempre insieme, attorno al dolore, attorno alla scelta di restare aggrappati alla propria terra. E la morte, che spesso irrompe nella storia di chi resta, non può nulla. Perchè anche nella mancanza, anche nella trasformazione, anche in una lapide senza testo, l'amore donato e ricevuto, le parole donate e ricevute, aprono in chi "va avanti" un percorso di eternità.
...ContinuaIl romanzo non è all'altezza della Storia. Balzano racconta la storia di una donna di Curon (Graun) in Val Venosta (Vinschgau), nata probabilmente nel 1905, in Austria, dunque, e diventata improvvisamente da sudtirolese altoatesina. Le vicende di Trina si mescolano con quelle della Val Venosta, la violenta occupazione fascista, l'opzione Italia/Germania del '39, il periodo nazista e infine la Repubblica Italiana che porta a termine l'odiata costruzione della diga che darà forma al Lago di Resia col suo campanile che sorge dall'acqua a testimonianza non voluta della violenza fatta sulle popolazioni locali. La vita di Trina è anche e soprattutto le sue vicende personali, per lo più drammatiche.
La scrittura non sostiene però la storia. Troppo brevi le frasi, spesso banali nello stile e nel linguaggio.
Il libro si fa comunque leggere con interesse.
Mi permetto una piccolissima correzione alla postfazione. Il Sud Tirolo non è stata l'unica zona a passare direttamente dal fascismo italiano al nazismo tedesco. L'Alpenvorland diventa il 10 settembre del '43 un nuovo Land tedesco e comprende il Sud Tirolo e il Trentino con capoluogo Bolzano. Un mese dopo l'Adriatisches Küstenland diventa de facto anch'esso un Land tedesco e comprende gran parte del Friuli, la Venezia Giulia e l'Istria, con capoluogo Trieste.
Già dalla copertina si intuisce come andrà a finire. Il romanzo è ispirato a una storia vera: nella val Venosta, Sud Tirolo al confine con Austria e Svizzera, la costruzione di una diga per la produzione di energia elettrica finanziata dalla Montecatini, portò agli inizi degli anni 50 alla distruzione ed allagamento del paese di Curon e della zona circostante. Il paese dopo alcuni anni venne ricostruito a fianco del lago artificiale e di quello originario rimane solo il campanile che spunta dalle acque. Non sono mai stato a Curon ma immagino l’atmosfera triste e sinistra del posto.
Il romanzo parte da lontano, dai primi anni del fascismo. Curon è un paese di montagna, e la piccola comunità di lingua tedesca è alle prese con il nuovo regime che cerca di italianizzare l’Alto Adige a cominciare dalla scuola dove si può insegnare solo italiano. Trina, la voce narrante, è una maestra che come tanti vuole conservare la propria identità e insegna tedesco ai bambini in scuole “clandestine” (rischiando il confino). Sono anni difficili e la comunità si divide ancora di più dopo l’”anschluss” dell’Austria, quando viene offerta loro la possibilità di trasferirsi in Germania; per molti il nazismo è la salvezza dal fascismo (!!), non per Trina e il marito Erich che scelgono di restare; scelte complicate, divisive all’interno delle stesse famiglie. Le stesse divisioni si ripresentano dopo l’otto settembre quando alcuni disertano, tra cui Erich che si rifugia in montagna con Trina, altri come il figlio si arruolano con i nazisti.
E la diga? I lavori, con un progetto già concepito agli inizi del novecento, incominciano all’inizio degli anni 40, poi interrotti dalla guerra, riprendono subito dopo e a Curon nasce un grande cantiere dove centinaia di poveracci italiani lavorano alla costruzione di questo mostro di cemento destinato a sconvolgere la valle. Erich è uno dei primi contestatori, testardo quanto solo perché la maggioranza degli abitanti è scettica, fatalista, preferisce crogiolarsi nell’illusione che alla fine ci metteranno anni per arrivare in paese. Solo all’ultimo si uniscono compatti, ma ormai è tardi e il finale è già scritto: Curon viene distrutto con il tritolo, solo il campanile resta in piedi, l’acqua lenta e inarrestabile riempie la valle…
Un romanzo che vuole essere ambientalista ma anche storico sociale, ma narrato con uno stile abbastanza piatto e poco coinvolgente. Lo stesso espediente narrativo, Trina che scrive alla figlia “scomparsa” (ha compiuto una scelta drastica ma è stata una sua scelta…) nella speranza di vederla tornare non mi ha convinto più di tanto e non ne ho compreso del tutto la necessità. Scorrevole, nella parte centrale troppo “romanzato” visti gli intenti, ma nulla più. Tre stelle stiracchiate.