Il libro dà voce ad un villaggio di montagna dell'Alto Adige letteralmente sommerso dall'acqua in nome del progresso. Lo stesso progresso, parallelamente, viene inseguito da Marica, che abbandona la sua famiglia, la sommerge nel silenzio.
È a lei che si rivolge Trina, voce narrante, in uno stile arido, ridotto all'essenziale, direi quasi di montagna. Anche la malinconia che si percepisce in tutte le pagine viene comunque dosata.
Conoscevo la storia dell'Alto Adige a grandi linee, soprattutto la questione delle lingue durante il fascismo, che si può forse riassumere in queste righe:
"Invece l'italiano e il tedesco erano muri che continuavano ad alzarsi. Le lingue erano diventate marchi di razza. I dittatori le avevano trasformate in armi e dichiarazioni di guerra".
Non conoscevo invece la storia del paese scomparso Curon e del lago di Resia. Bellissimo il commento finale dell'autore sulla Storia con la s maiuscola.
...ContinuaSe si ha l’occasione di passare in Val Venosta – un territorio davvero meraviglioso – non si può non andare a fotografare il campanile del lago di Resia. E non si può non indugiare nel pensiero degli abitanti del borgo sommerso. Che ne è stato? Come è successo?
In “Resto qui” la diga di Resia è protagonista e pretesto per raccontare un pezzo – tragico e dolente – della storia d’Italia, che parte dalla forzata annessione dei territori di lingua tedesca ed arriva all’allagamento di Curon per la creazione del bacino artificiale.
C’è tutta l’agghiacciante, sfrontata brutalità del regime – fascista prima e nazista poi – vista dagli occhi di chi ha dovuto subirla. C’è l’amore viscerale, primigeno per una terra, con radici che travalicano le generazioni. C’è la paura per l’oggi per il domani. C’è il racconto della perdita e del ritorno. C’è uno struggimento feroce che permea tutta la narrazione, fino al senso di impotente sconfitta che giunge, sordo e doloroso, alla fine.
Nel racconto alla figlia, la protagonista ripercorre la storia della diga, che si intreccia indissolubilmente alla propria, con una diretta semplicità piena di un afflato poetico che commuove ed indigna.
Questo libro mi ha profondamente toccato, aprendo un squarcio su una parte di storia che mi era ignota e che conferma quanto la natura umana possa essere talmente egoista dall’ovattare tutto nell’indifferenza. O nella paura.
Audiolibro (Audible)
Partiamo da un antefatto: vado in scooter, in pieno freddo inverno, in un paese di montagna, all’incontro con quest’autore, presenta questo libro. Scopro solo in loco che l’autore è malato e l’incontro è rinviato, tornerò immediatamente, senza essermi potuto nel frattempo riscaldare, assolutamente intirizzito a casa. Sono così ancora più curioso di leggere, anche perché nel frattempo ascolto una intervista radiofonica e conosco molto bene il paesaggio ed il motivo che ha indotto l’autore a scrivere una storia su quel paese. Il campanile sul lago ha un fascino incredibile, se poi intorno gli crei la storia di una famiglia, che diventa legata alle incredibili vicende della guerra, della diga, della povertà. Libro mitico!
Curon è (tristemente) famosa per il campanile che svetta in mezzo al lago, panorama reso ancora più suggestivo d'inverno, quando lo specchio d'acqua ghiaccia. Non si legge questo romanzo per stupirsi di fronte alla storia del paesino della Val Venosta, perché l'epilogo già si conosce. E invece il libro riporta agli anni della Seconda Guerra Mondiale, quando in Sud Tirolo era proibito parlare tedesco, quando non si sapeva quale fosse il male minore tra nazismo e fascismo, quando la gente viveva di quello che producevano e scambiavano nei masi, fino a dover prendere decisioni drastiche come diventare disertori e scappare sulle montagne, vedere la morte in faccia, patire il freddo... Il ritorno a Curon non sarà semplice, ora c'è il progetto della diga che prende sempre più piede, per gli ingegneri è facile proporre indennizzi in denaro e invitare tutti gli abitanti ad andarsene dal paese. Come finisce lo sappiamo, la foto in copertina non lascia spazio a dubbi. Mi ha colpito molto la figura di padre Alfred, che fino all'ultimo si è battuto per difendere la sua gente, specie quando volevano fare una colata di cemento sul cimitero, prima di sommergere tutto con l'acqua.
Romanzo scritto benissimo, toccante.
La questione tirolese durante il fascismo l'avevo già conosciuta coi libri di Lilli Gruber, ma Marco Balzano oltre ad una scrittura più avvincente aggiunge anche il tema del paese di Curon Venosta e della costruzione della diga. Confesso che anch'io sono uno di quei turisti che di fronte al campanile che emerge dal lago ho scattato foto, probabilmente col "sorriso deficiente" di cui parla l'Autore. "Deficiente" proprio delle conoscenze sulla storia del luogo e dei drammi sottesi.
...Continua