Per chi vive nella società mediatica dell’Occidente, "fare la guerra" significa guardarla alla televisione. Questa condizione modifica non solo il nostro rapporto di cittadini con il fenomeno politico e sociale della guerra, ma anche l’intera struttu Per chi vive nella società mediatica dell’Occidente, "fare la guerra" significa guardarla alla televisione. Questa condizione modifica non solo il nostro rapporto di cittadini con il fenomeno politico e sociale della guerra, ma anche l’intera struttura dei rapporti sociali. Creando un particolare spazio di interazione tra i soggetti dell’atto comunicativo, la televisione prefigura un modello generale di relazioni fra gli agenti sociali. Per questo motivo è di vitale importanza chiedersi quale tipo di rapporto tra televisione e pubblico, e tra televisione e realtà rappresentata, venga messo in atto dalle trasmissioni dai luoghi di guerra. Questo libro lo fa soffermandosi sul primo conflitto del Golfo in quanto evento mediatico che inaugura un nuovo regime della rappresentazione del mondo: all’aumento dell’esposizione mediatica del fenomeno bellico corrisponde una minore capacità, da parte dello spettatore, di stabilire una presa sulla sua realtà, e dunque una minore possibilità di decidere e di agire da parte del cittadino. In altre parole, alla "visibilità totale", offerta dal medium televisivo, corrisponde, anche se in modo solo apparentemente paradossale, la cecità e l’impotenza dello "spettatore totale". ...Continua Nascondi