Un romanzo che è soprattutto un modo diverso di raccontare la Storia, tanto fantastica e strabiliante appare la capacità di usare la parola da parte di Tabucchi.
Pare quasi lui voglia piegarla alla sua vena narrativa.
Addirittura si ha la sensazione che di questa bravura l’autore arrivi a farne abuso, al punto da confondere il lettore, ma si tratta di attimi per la verità, perché la genialità prevale su tutto.
Come si fa a non essere d’accordo con la sua convinzione, in base alla quale per gli altri esistiamo solo grazie al nostro raccontarci?
Ma si può ricordare la propria vita, la propria storia, soltanto se si ha la fortuna di indirizzare a qualcuno delle righe scritte.
O di avere un filo di voce ed un volto al quale raccontarle.
Scoprirsi all’interno di un mondo che scorre e vedersi così dentro la Storia e pur percependosi semplicemente un granello, sentirsi parte del tutto. E al tempo stesso cercare di avere una rotta all’interno di questo fiume impetuoso, inarrestabile, dando così un senso alla propria esistenza.
Un libro che racconta di un paese di sassi e che narra di sogni, di poesie da far volare, di capelli rossi e di lettere mai scritte o spedite.
Di solitudini.
Tutte storie improbabili eppure possibili, perché legate fra loro da un filo fatto di oggetti, a volte un po’ strani, è vero, ma molto più spesso comuni e che in fondo ci appartengono.
Come una vecchia tromba per auto, di quelle usate in tempi in cui le strade erano più frequentate da carrozze e cavalli; o un temperino con sopra inciso il nome di un hotel.
Magari un quaderno di ricette interamente scritto a mano.
Perché la Storia è fatta di tante piccole storie.
E non è necessario essere poeti per narrare la propria: è già sufficiente sapere che da qualche parte esista una poesia da scoprire, così da poter poi raccontare un po’ della nostra vita.
Solo allora, dopo averla trovata, potremo finalmente sentirci poeti, autori di tutte quelle poesie che devono ancora essere scritte.
E dopo averle scritte su ali di piccoli aeroplani di carta, le regaleremo al mondo, facendole volare da un ponte.
Non importa se quello affollato di una grande città o piuttosto, quello magico di un minuscolo paese con le case fatte di pietra.
A contare, sarà il dono.
Chiudo il 2022 con questo Tabucchi onirico, fatto di fiumi di ricordi. La lettura scorre senza intoppi, ma la trama non decolla.
La storia di Sesto, ragazzo dai capelli rossi, è la storia di tanti Sesto della sua famiglia e di una chioma fulva ricorrente, quasi fosse un simbolo e una maledizione. Per quanto i capelli rossi mi siano immensamente cari, il dettaglio non è sufficiente a togliere la ruggine da molte pagine.
La nota gioiosa è che quest'anno ce l'ho fatta a raggiungere l'obiettivo di libri che mi ero prefissata. Ad maiora.
Chiunque segue da anni l’attività letteraria di Tabucchi sa che uno dei suoi titoli risulta introvabile, l’edizione originaria esaurita, inutile aspettarne una nuova. Dopo 33 anni ecco che riappare “Il piccolo naviglio” ed è una sorpresa e una scoperta. Ha ragione l’autore a scrivere nella sua introduzione di essersi convinto che “gli assi della chiglia appartengano allo stesso legno dei libri che lo hanno seguito”. C’è già tutto il Tabucchi che abbiamo imparato a conoscere e amare. Eppure c’è anche la presenza di una scrittura a suo modo diversa: molto più espressionistica e con uno sguardo al tempo stesso più feroce e più incantato.
Tornano le modalità del romanzo familiare già sperimentato in “Piazza d’Italia”, ma con un surplus da fiaba e un costante straniamento della fabula nel plot. La miscela funziona soprattutto quando la distanza temporale agevola la trasformazione della storia in leggenda e la memoria della cronaca in mito. Alcune pagine sono folgoranti, altre denotano una ricerca stilistica che aveva bisogno di essere ancora controllata più che affinata, ma già rivelano l'inventiva, la forza e il piacere della grande narrazione.
Un libro di grandissimo interesse e che il tempo ha reso ancor più appassionante per il lettore che vi ritrova il grande autore già con tutto il suo fascino affabulatorio.