"Fa' che io per te sia l'estate
Quando saran fuggiti i giorni estivi!
La tua musica quando il fanello
Tacerà e il pettirosso!"
la voce più importante della letteratura americana, il più importante poeta americano dell'ottocento, è quella riservatissima signorina, ritirata nella sua casa di Amherst, nel complicato stato del New England, puritano e pieno delle contraddizioni di un paese giovane come gli USA, e comunque già nazione imperialista con le mani su mezzo mondo. Emily vive in una condizione tutta sua e fa della sua poesia il suo mondo, emozioni ed esperienze andando lontano, da fermi, seduti sulla sedia a dondolo della veranda, a disegnare le nuvole della sua stanza, dove visse 25 anni della sua vita. Furono quelli che nel pieno della giovinezza di una donna, superate le metafore adolescenziali, maturarono le scelte e lo scrivere, di una donna morta a soli 56 anni, nella penombra di una scelta e di una camera... a sentire come sentiva il suo essere interiore, dove nessuno poteva far da filtro, in questa particolare dimensione tanto appartata. E così la sua poetica, nonostante il tentativo di Baroni e nomi risonanti, rimarrà sua e solo sua, dandogli coordinate precise: la consolazione del dolore, in cui il suo coraggio trasformerà la sofferenza, in un 'esperienza totale, inchiodando la sua pena, in ogni possibile sfumatura. Sotto la lucida lente, dalla coscienza messa a fuoco, per poi riproporla, riformularla, provare a usare e trasformare in supreme parole; sorsi di vita e di esistenza tra il giardino e il suo retro:la parte sempre più trascurata. Ma è proprio una conoscenza dell'anima e delle sue profondità abissali, che il malessere scritto, prende nuove sembianze, e valori quasi scientifici. Se quindi nella risposta al dolore risiede uno dei temi e delle motivazioni della poesia di Emily, leggerla vuol dire sedersele accanto, e provare ad ascoltare con lei, quello che lei sente, tra la voce del vento e il profumo dei frutteti. Egli parla di "vastità" oggi con qualcuno parlavo di immensità...e mi risiedo sotto la veranda ad intuire l'autentica originalità di una ragazza, poi donna, e del suo rifiuto di certe coercizioni del suo Stato e dell'America tutta, come del disincanto e distacco naturale, verso i cambiamenti epocali del mondo e dei suoi problemi...Per Emily Dickinson l'io cosciente e pensante quanto pensoso è una delle chiavi di volta per intuire una realtà universale. Poi vi è la natura, le stagioni gli animali, i semi e i fiori...in fine vi è Dio: un entità personale e viva quanto trascendentale, da non confondere con ciò che, ipoteticamente, ha creato...e quindi forse più umano o almeno meno potente di quel che si dice. E lei, lei gli parla e gli rimprovera, lo affronta faccia a faccia, da persona a persona, anche se sa con chi sta parlando...Ecco i rapporti essenziali del mezzo secolo vissuto da questo grande poeta. Ecco l'occasione per sedersi sull'erba e guardare una distesa infinita di esseri viventi. E farseli cantare, farli trasformare, dalla bella e dolce Emily, dalla sua rimozione dell'amore o quasi, accennando nella sua poesia più matura, l'oppressione, la coercizione sociale e la rimozione di una sessualità ridotta a ruolo, a brave madri che "sfornano" ogni qualvolta "devono" stare con il "marito". Tante chiuse virgolette che Emily non accettò mai, in nome di una singolarità, anche e soprattutto femminile. Era presto, lei amava quella natura, che non disturbava, quel vivere dei fiori, degli animali, delle api e avanti ancora...
"Non accostarti troppo alla dimora di una rosa.
Se una brezza la preda
o rugiada la inonda
cadono con timore le sue mura.
E non voler legare la farfalla
o scalare le basi dell'estasi.
Garanzia della gioia
è il suo rischio perenne"
Garanzia della gioia, dicevamo, è il suo rischio perenne.

Jul 7, 2015, 6:08 PM
Bellezza senza gioia

Emily Dickinson è stata una poetessa esemplare, un modello unico e inimitabile; la potenza evocativa di pochi suoi versi è stupefacente, mirabile. Le mie impressioni a caldo tuttavia, una volta chiusa questa interessante raccolta - e non avendo affatto approfondito la vita dell'autrice di Amherst -, sono contraddittorie. Sì, le parole di Emily trasmettono un'intensità "scottante" di sentimenti, di sofferenze, di vissuto; ma è un vissuto particolare, quello ineluttabile e asfissiante della sua complessa interiorità. Grondante inadeguatezza al vivere, incomunicabilità anche relazionale, "dal vivo". C'è troppa sofferenza, troppo grigiore esistenziale in queste sottili, densissime poesie. Che non riesco ad amare appieno, sarà certo un mio limite personale, lo ammetto. Non è colpa della Dickinson, peraltro, l'aver sofferto la claustrofobia del quotidiano, immersa nella solitudine esiliante del suo pensiero e della sua stanza, a sospirare su morte, eternità, funerali, uomini e amori (?) - forse non corrisposti, men che meno consumati. Né rivelati, né magari mai esistiti. Sempre tesa verso un riscatto ultraterreno, verso le consolazioni del giorno che verrà che alleviassero finalmente le afflizioni, le responsabilità del vivere? Chissà. C'è buio in questa stanza della poetessa e qui, fra questi versi sublimi, ma non luminosi di speranza terrena

Apr 26, 2012, 11:05 AM

Ha una sua solitudine lo spazio,
Solitudine il mare
E solitudine la morte - eppure
Tutte queste son folla
In confronto a quel punto più profondo,
Segretezza polare,
Che è un'anima al cospetto di se stessa:
Infinità finita.

Jul 31, 2011, 4:17 PM