Cosa vuol dire vedere la vita, innamorarsi a 18 anni, provare a prendersi cura di tua madre in un Paese in guerra, e con gli occhi di un cecchino.
Mathias Enard prova a farci vedere Beirut e il Libano sotto le bombe, attraverso la vita è gli occhi di un ragazzo appena adulto, cecchino è totalmente immerso nel conflitto, al punto che ciò’ che vede, guarda e osserva, si presenta attraverso un mirino. Molto spesso con una visione comica che toglie l’intorno, il resto, i dettagli al lato.
Scrittura rapida, veloce, senza molto orpelli, ma essenziale e diretta, come la preparazione al tiro pare essere, dandoci il ritratto di un ragazzo adulto per forza di cose, forse.
Un incredibile mix di crudeltà e tenerezza. Un ragazzino di 18 anni trasformato in un assassino da un'interminabile guerra in Medio Oriente si innamora di una ragazzina di 15 anni...ma può amare davvero, una persona segnata dalla guerra? Questo autore mi ha colpita molto, credo leggerò altro di suo!
Che scrittura! secca, luminosa, inesorabile. Non risparmia niente.
Scrive quello che lui vede dal mirino, la prospettiva è schiacciata, claustrofobica, non c'è altro che la sua inquadratura, non ci sono alternative, possibilità. C'è un gelido susseguirsi di eventi che generano reazioni, emozioni?, incasellate anch'esse nel racconto di eventi. Lo schifo della guerra, l'orrore e il trauma di essere assassino a 18 anni diventano febbre, vomito e crampi, poi ti abitui. Il pensiero, forse il rimorso, diventa un fischio all'orecchio, basta sparare un'altra volta per farlo smettere. E a questa assurda, strettissima, inquadratura fa da contraltare l'universalità della guerra. Questa guerra non ha un luogo, perciò è ovunque, non ha un nome, è qualunque guerra, non ha fazioni, solo combattenti che sparano, che uccidono, che muoiono, che montano e smontano i turni, che non pensano, non criticano: eseguono, uccidono, torturano, violentano. E' tutte le guerre. Non ci dice mai per quale causa combattano, da che parte stiano. E questo allarga tutto, come se non ci fosse il soffitto nella stanza in cui leggi ma solo il cielo.
Dice che è difficile immaginare come si ragiona in tempo di guerra quando c'è la pace e viceversa. Non c'è comunicazione tra i due stati di cose, tra i due mondi. dice che la guerra inizia per ciascuno in un momento diverso, per qualcuno è quando una granata uccide tuo padre nel suo negozio, per un altro quando il padre cade da un ponteggio e muore, per un altro quando arrivano i combattenti al villaggio e distruggono la tua casa. E come non c'è la data di inizio non c'è nemmeno quella di fine, non si sa se finirà mai questa guerra.
Ci sono gli occhi di una madre, pazza, impazzita per la guerra e quelli di una ragazza di 15 anni a guardare questo combattente, loro sono testimoni di questa guerra, di questa violenza cieca, senza scopo e senza fine. La ragazza dice che sono loro, i combattenti, a creare la guerra. Lui le risponde che loro la guerra la fanno ma sono stati altri ad averla iniziata. Lei tace. E in questo scambio c'è tutto il libro, tutta l'insensatezza della guerra.