Un paio d'anni fa, durante la pandemia di Covid-19, ebbi il tempo di leggere, in inglese, The Overstory, dello scrittore americano Richard Powers, poi tradotto in italiano col titolo Il sussurro del mondo. Fu un romanzo che non esitai - e ancora non esito - a inserire tra i migliori che abbia mai letto, tra i migliori di questo secolo e, forse, anche di quello appena trascorso. Vinse il Pulitzer e - per una volta - pensai che una giuria aveva, finalmente, premiato giustamente qualcuno!
Capirete, quindi, che avevo molta aspettativa, riguardo agli altri romanzi, scritti da Richard Powers e, quando il successo de Il sussurro del mondo ha fatto sì che il resto delle sue opere venisse tradotto e pubblicato nel nostro paese, io ero al settimo cielo.
Mi sono, così, fiondato su Galatea 2.2, un romanzo che, trattando dello sviluppo di un'intelligenza artificiale, attraverso la somministrazione di opere letterarie, mi sembrava dover essere sicuramente interessante e attuale.
Ahimé, che amaro risveglio!
Forse le aspettative erano troppo elevate, ma ho sofferto nel non trovar nulla di ciò che avevo amato di questo autore.
Galatea 2.2 è un libro noioso e non ritengo che affronti in maniera interessante le tematiche relative allo sviluppo di intelligenze artificiali - benché gli si debba dare atto che, essendo stato scritto negli anni '90, su alcune cose l'autore ci abbia visto lungo. Eppure, di tutte le cose relative a computer, tecnologia, internet, intelligenze artificiali etc, se ne parla per la metà delle pagine! Com'è possibile? Beh, lo fa, secondo me, in modo vestigiale, per gran parte del tempo gli serviva inchiostro per ricoprire quante più pagine gli era possibile. Mi è sembrato proprio che lo scrittore abbia fatto questo, senza sviluppare quella che doveva essere la grande protagonista del libro, "Galatea" (che poi non la chiamano nemmeno così: evidentemente il titolo è simbolico e si riferisce al mito di Pigmalione, ma senza sviluppare profondamente la relazione, intercorrente tra la creatura e il creatore).
E già questa è stata una delusione.
Dopodiché, c'è da considerare l'altra metà della narrazione (le due narrazioni si accavallano, durante tutto il libro), che riguarda il naufragio della storia d'amore del protagonista - Richard Powers stesso. Dedicargli la metà dello spazio, in un libro di circa cinquecento pagine, mi sembra decisamente troppo: soprattutto se il focus doveva essere sull'intelligenza artificiale e, ancora di più, se le pagine dedicate al tema dell'opera risultano debolucce.
Posso intravedere un riferimento a Pigmalione e Galatea anche nella relazione tra l'autore e la sua compagna, poiché in pratica lui si era costruito nella mente una persona che non esisteva e lei cercava di essere all'altezza di quella immagine... ma, sinceramente, non era ciò che mi aspettavo dal libro e la lungaggine di Powers rende il tutto insostenibile.
Qui e là, va detto, si intravede la presenza del Powers migliore. C'è qualche bel passaggio, soprattutto quando il protagonista interagisce coi colleghi del progetto scientifico. Però, non basta a reggere un libro lento e appesantito da un inutile spreco di parole che, sostanzialmente, a nulla conduce.
Galatea 2.2 sparisce al confronto con Il Sussurro del Mondo, che - invece - mi tengo caro.