Ho visto cose che voi umani...

Blade runner non è la trascrizione del libro di Philip K. Dick.
Non è solo per le differenze nell’ambientazione, nei personaggi, nella struttura narrativa.
Sono due “oggetti” diversi, con prospettive e visioni dell’uomo secondo me abbastanza differenti.
L’unico sottotesto comune è una domanda.

Cosa è l’umano?

In Blade runner l’umano ha a che fare con il Tempo.
Il passato rende all’umano la sua identità – non a caso i ricordi impiantati sono l’ultima frontiera degli androidi Nexus 6 – , l’esperienza da trasmettere è ciò che costituirà il passato di quel che verrà, in una traiettoria tesa all’infinito.

Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi. […] E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire.

Le parole pronunciate da Roy prima che il suo tempo finisca, sono la rivendicazione del diritto alla vita e alla prosecuzione della vita.
Gli androidi ribelli vogliono tempo.
Vogliono vivere più a lungo, senza scadenza.
Vogliono emanciparsi dalla loro condizione di prodotto, ovvero di oggetto, ovvero di schiavo.
Roy uccide suo padre, il costruttore, che lo ha imprigionato in una scadenza.
Roy è l’angelo ribelle, è Lucifero.
(anche l'iconografia del personaggio rimanda all'angelo ribelle, il biondo portatore di luce)
Il simbolo della libertà è il tempo.
Immortalità.
La ricerca della pietra filosofale, l’aldilà dei paradisi, il desiderio a tutti i costi di avere figli.
L’uomo ha sempre rigettato, in un modo o nell’altro, l’idea di essere a termine, di avere una scadenza.
Avere una scadenza è la schiavitù dell’uomo.
Uomo o cloni dell’uomo.

Non è così nel libro di Dick.
Umano è ciò che è in grado di provare empatia verso l’altro.
I cacciatori di taglie individuano i soggetti (oggetti?) da “ritirare” attraverso un test che misura la capacità di empatia.
Anche i modelli Nexus 6, i più avanzati, nonostante tendano ad assimilarsi agli uomini, ne difettano.
Ma gli uomini?
Tra edifici che si decompongono e automobili volanti, ne sono rimasti volontariamente pochissimi.
(altro che babele di lingue e di razze del film di Ridley Scott)
Alcuni non possono emigrare verso le colonie extraterrestri: sono i cervelli di gallina, marchiati dagli effetti della guerra mondiale del 1992 che ha ridotto il mondo in palta e lo ha ricoperto di polvere.
John Isidore è uno di loro.
(Il mio personaggio preferito. Nel film non c’è. E’ stato inserito invece il genetista giocattolaio, con funzione meramente strumentale)
Isidore è l’unico inquilino di un enorme condominio abbandonato.
Lavora come conducente di furgone per la Clinica per animali Van Ness.
Gli animali veri sono pochissimi: chi non può permetterseli, si accontenta di quelli artificiali.
Prendersi cura di un animale è segno di empatia.
[Mi sono venuti in mente i Furby e i Tamagotchi ]

Ma anche il desiderio di possedere un animale è un falso desiderio, perché in realtà, tranne per Isidore, che non vede la differenza tra quelli veri e quelli artificiali, rappresenta solo uno status symbol.
E’ una grande truffa anche il mercerianesimo, la “religione” di Mercer, che attraverso una scatola si mette in contatto con tutti i suoi seguaci - in una catena che abbraccia tutta l'umanità - affinchè condividano gioia e sofferenza, soprattutto sofferenza.
(sulla valenza simbolica della scatola empatica, su Mercer, sulla voce unica che viene trasmessa da radio e tv, sul rapporto tra il cacciatore di androidi e sua moglie Iran ci sarebbe da scrivere un papiellone)

Sognano gli androidi le pecore elettriche?
Sognano ciò che sognano gli uomini, possedere un animale, che sia un cavallo, una capra, un ragno?
Desiderano gli androidi entrare in empatia con gli altri?

Nel libro il problema non sono gli androidi.
Sono gli uomini.
Sono loro che si avvicinano alle macchine, a oggetti, a cose.
Palta.

Il futuro immaginato da Dick è molto più claustrofobico e inquietante di quello consegnato alla memoria collettiva dal film di Ridley Scott.

Diversi, diversamente bellissimi.

May 14, 2016, 1:01 PM
Gli uomini sognano donne elettroniche?

L'uomo del futuro, in questo classico dei romanzi distopici, costruisce androidi. Questa era una delle ossessioni della fantascienza di una cinquantina di anni fa, probabilmente non giustificata, visto che quasi nessuno oggi pensa più di realizzare esseri sostituenti gli umani; troppo costoso, troppo complicato, troppo inutile. Ma sto divagando.

Nel libro gli androidi sono quasi uguali agli umani. L'unica differenza è la durata ridotta della vita (per modo di dire...) e la mancanza di... qualcosa.

Ma cosa? Ecco, qui sta il senso del romanzo, la domanda angosciante: cos’è che rende unici noi umani?

Per Dick la risposta è l'empatia e, in fondo, la "consapevolezza" di essere vivi. Ma trasmettendo ad una macchina la capacità di pensare, intrinsecamente si trasmette anche la consapevolezza di esistere. E forse l'empatia (e la capacità di avere emozioni) segue di conseguenza...

Quindi? Cosa faremo quando saremo in grado di generare androidi perfettamente simili agli umani? L'umanità sarà annientata? Il nostro sarà un futuro di solitudine, di polvere e rapporti promiscui con androidi? Dobbiamo pensarci ora e mettere un freno al progresso tecnologico? Ci sono scelte etiche che dobbiamo fare oggi?

Il tema è affascinante, anche se personalmente non credo arriveremo mai a questo punto e non sono affatto d'accordo nel mettere limiti al progresso tecnologico (sempre che ci riuscissimo, cosa che vedo alquanto difficile).

Molto interessante il libro, non tanto per lo svolgimento (un pochino datato, onestamente) quanto per gli interrogativi che pone.
Come al solito, i grandi libri fanno buone domande e danno poche risposte...

PS: Mai una volta che questi libri di fantascienza ipotizzino un futuro migliore... pure l'amplesso uomo/androide ci voleva!

Dec 3, 2016, 10:42 AM
"È la condizione fondamentale della vita essere costretti a far violenza alla propria personalità."

Leggevo.
E mi chiedevo.
- Come mai ci sarà bisogno di fare un test verbale agli androidi per comprendere se sono macchine? Non basterebbe pungerli con uno spillo per vedere se hanno sangue che scorre loro nelle vene? -
[E qui qualcuno alzando gli occhi al cielo penserà..."Questa proprio per la Fanta non è portata..."]

Si connettono i neuroni e il test di Voigt-Kampff mi richiama le sequenze del film "The imitation game" in cui Alan Turing descrive qualcosa di assai simile che comincia con la domanda "Facciamo un gioco: sono un uomo o una macchina?" Sarà venuto prima Turing o prima Dick? Mi documento... prima Turing...

Basta farti queste domande, non divagare e prosegui. Mi dico. Gli androidi del futuro sicuramente avranno sangue sintetico, no? Cerca di immedesimarti. È Fantascienza perbacco!

Quindi proseguo.
- Ma gli androidi mangiano? Come può una macchina nutrirsi? -
Dannata testolina razionale. Spegniti. Fatti assorbire dalla storia! Mi ripeto.

- Sesso. Eh beh. Me lo aspettavo che pure lì saremmo arrivati. Certo gli androidi ( femmine ) fanno pure sesso. -

Beh un androide forse è meglio di una bambola gonfiabile. Penso.
Eppure. È proprio da questo particolare, è proprio da questo momento particolare dell'intreccio in cui la storia, a mio opinabilissimo giudizio, comincia a decollare.
Non perché fosse il sesso l'obiettivo del racconto... No, tutt'altro...Ma perché questo rapporto per di più proibito tra uomo e droide è completamente destabilizzante per il protagonista. Il protagonista, cacciatore di androidi, si rende conto di provare pena e sentimenti nei confronti delle macchine. Si sente attratto da esse, da queste 'cose femmine'. Comincia a far fatica a fare il suo mestiere, comincia a pensare di non stare facendo la cosa giusta, poiché non è giusto uccidere ('ritirare') nessuno ...

"Dovunque andrai, ti si richiederà di fare qualcosa di sbagliato."

In un mondo in cui l'animale rappresenta una rarità, ogni forma umana acquista dignità incommensurabile. Il ragno. Il rospo. Qualsiasi cosa non sia regolata da congegni elettronici. In un mondo in cui gli esseri umani sono in via di estinzione, non rimane altra scelta che affezionarsi alle macchine? Accudimento. Empatia. Necessità di identificazione. Sono ciò che differenzia l'uomo dall'androide.

E Dick descrive un futuro di struggente solitudine. Uomo solo regolato da congegni che ne determinano umore e i desideri.

«Fai l'888», disse Rick mentre l'apparecchio si riscaldava. «Desiderio di guardare la TV, qualsiasi cosa trasmetta».

Congegni che lo aiutano a sopportare una vita in cui tutto sembra destinato a trasformarsi in palta o polvere radiottiva. Uomo distrutto quindi da ciò che la sua stessa mente ha partorito.

"Una volta, pensò, avrei visto le stelle. Anni fa. Ma ora non c'è altro che polvere; sono anni che nessuno vede più le stelle, perlomeno non dalla Terra. Magari me ne andrò da qualche parte dove si vedono ancora le stelle [...]
In un posto dove nessun essere vivente andrebbe. A meno che non sentisse che la sua fine fosse vicina."


Una visione cupa, allucinata, desolante e desolata. Ammazza com'è triste questo mondo cui l'uomo si deve difendere dalle macchine. Arriveremo lì? Magari non proprio come lo ha pensato Dick... Ma la palta e la polvere che come un immenso blob mangiano tutto non paiono poi essere così lontani...

E a fine lettura il fascino inquieto di questo racconto che ha ispirato il film culto "Blade Runner" rapisce anche me.

Aug 20, 2016, 7:00 PM