Il titolo, Todo modo, è una citazione: "Todo modo para buscar la voluntad divina" = "Ogni mezzo per cercare la volontà divina", dagli Esercizi spirituali di Sant'Ignazio di Loyola che, fondatore dell'ordine dei Gesuiti, rappresenta un modello di cultura elitaria proprio come quello che rappresenta Don Gaetano nel racconto. (Wikipedia)
Un racconto che mi ha riportato alla mente, per certe analogie nel contesto, Nel nome della rosa di Eco. La vicenda si svolge in un albergo/eremo dove un prete molto "introdotto" e carismatico organizza soggiorni "spirituali" per potenti del mondo della politica, dell'economia, dell'industria. Si susseguono uno appresso all'altro tre omicidi, che si comprende essere legati alla corruzione ed al ricatto ma delle quali si stenta ad individuare un responsabile.
Scritto in un linguaggio raffinato ed un filo barocco, questa sorta di giallo è soprattutto una denuncia del malcostume legato al potere che non approda ad un finale tradizionale, ma la cui forza sta forse proprio nella sospensione, nel mancato trionfo della giustizia, quasi ad affermare che queste organizzazioni parallele siano talmente radicate nei costumi del nostro Paese da collocarsi in una dimensione estranea a quella della giustizia terrena.
"Todo modo" appare come un romanzo narrativo tinto di giallo ma nello stesso tempo, pagina dopo pagina, il colore si stinge per dare spazio ad una delle opere più complesse del grande scrittore siciliano. In un albergo che riunisce persone dell'alta società, banchieri, imprenditori, alti prelati, politici, si ritrovano sia per discorrere d'affari sia per ritiri spirituali. Usando molteplici raffigurazioni pittoriche , Sciascia segnala nello scorrere dell'opera un cambio di livello,un "doppio significato", ad uso di segnalazione in queste pagine ricche di allegorie. Nelle prime sequenze il protagonista, pittore miscredente ospite per curiosità, si imbatte all'improvviso dietro all'eremo-albergo in una radura dove cinque donne riposano al sole nel silenzio della natura e dove i riflessi di luce, la prospettiva, le ombre e le pose gli fanno ricordare un quadro di Delvaux.
In questa sequenza Sciascia al contrario del suo stile, descrive con precisi dettagli il filtro della luce solare tra gli alberi,il colore del terreno a macchie indistinte e le sfumature ed i toni come più leggeri, tocchi appena accennati che rendono la sensazione di piena armonia in questo dipinto di muse e natura. Da un quadro così idilliaco il protagonista torna alla realtà incontrando don Gaetano, il padrone di casa, sacerdote ed imprenditore; i due si inoltreranno in reciproche riflessioni tra l'arzigogolo, la battuta e le loro filosofiche provocazioni...da qui Sciascia ci porta in questioni allegoriche tanto che la scoperta dell'omicida e gli omicidi stessi che verranno tra cui l'ultimo, don Gaetano, proprio nella radura iniziale, hanno tutti più di un simbolico significato. Se anche la morte perde d'importanza nell'indagine è perché nel quadro è lo sfondo la pittura più significativa: un dilagante e crudele clima di avidità e corruzione nel magma dei poteri di ogni specie, l'esigenza quasi metafisica tra il Bene e il Male sembrano sostenersi e soppesarsi e il crimine commesso lascia il passo ai possibili colpevoli ed alle loro intriganti mansioni o ai loro tormenti; ma forse Sciascia in questo suo atipico-tipico romanzo razional-visionario ci fa avvertire una curiosa partecipazione nei confronti di due personaggi così specularmente simili: don Gaetano e il pittore di scarso credo. Da scrittore di denuncia ci ha voluto rappresentare questa cattedrale costruita per una divinità dai mille tentacoli, onnipresente e senza scrupoli che richiede le sue vittime sacrificali, e il singolo uomo quel volto da cristiano a misurarsi con la sua coscienza di fronte a ciò.
"Todo modo" è forse il romanzo più complesso e meno chiaro dello scrivere conciso e cristallino di Sciascia ma credo sia anche questo funzionale all'opera. Anche la sua complessità va pari passo ai quadri fin dall'inizio accennati: a metà romanzo "La tentazione di S.Agostino" di Rutilio Manetti, poi Géricault con "La zattera della Medusa" ed infine il Cristo di Redon e il Miserere di Rouault...ricordando anche l'inquietante Redentore di Antonello da Messina...ma poi, è don Gaetano che parla: solo il Cristo di Redon ha la forza sconvolgente della verità...come se Cristo si fosse svelato solo quella volta...non ai discepoli, non agli evangelisti ma ad un uomo, ad un pittore...molti quindi i quadri e le congetture dei presenti...sono le ultime 12 pagine. Quando la morte arriva anche dal potente sacerdote, come un "caravaggesco minore"...come ultimo atto per riconoscere nuovamente il volto di Cristo per poi tornare a disegnarlo con autentico trasporto. Lascio quindi all'ultimo splendido rebus del"Todo modo"...dove le donne e la natura presenziano la pace e l'allegorico prende di complessità per chiudersi ad un accenno del "Caravaggio meno in forma" di questa via crucis di opere pittoriche: tentazione/delitto, espiazione e redenzione dove sembra che ciò che Sciascia desideri di più sia la rilettura del testo...per capire questa metafora cristologica con l'assassino. Un maestro. Dove ad ogni rilettura una nuova luce si accende nella mia testa fusa di un 20 di luglio...
Tra i libri che ho letto di Sciascia questo è quello per me più complesso... ho la sensazione di qualcosa di inadempiuto, di irrisolto, non del tutto compreso, che va al di là del fatto che la polizia non abbia risolto il caso non trovando nè assassino nè movente..
Un pittore famoso decide di fermarsi incuriosito presso l'Eremo di Zafer gestito da Don Gaetano. Nei giorni successivi ministri, alti prelati e imprenditori si fermeranno all'Eremo per svolgere gli "esercizi spirituali" e proprio durante lo svolgimento di questi "esercizi" che altro non sono se non la lotta per il potere tra religione, economia e politica, assistiamo a diversi delitti rimasti insoluti..
La prosa di Sciascia è, come sempre, magnifica, colta e incredibilmente attuale..