Dopo l'eccezionale §Tutto quello che è un uomo§ uscito sempre per Adelphi alcuni anni addietro, avevo una grandissima voglia di leggere qualcos'altro di David Szalay. Questo §Turbolenza§, per quanto non raggiunga la qualità del suo predecessore, è comunque una raccolta di brevi racconti di altissimo livello. Le storie, pur trattando di temi e contesti diversi, sono tutte legate fra loro per via dei voli e gli aeroporti che contraddistinguono ogni capitolo, sia per il fatto che uno dei personaggi che compare in un racconto diventa poi protagonista del successivo. Szalay si conferma grandissimo narratore di stati d'animo, sa descrivere benissimo quei piccoli particolari che ti fanno calare nella mentalità dei suoi personaggi, ma anche le loro assenze o le azioni non compiute che regalano squarci di realtà su abissi interiori. Ma si dimostra anche assai abile nel saper creare un contesto chiaro, condivisibile o, al limite, facilmente immaginabile, in poche(issime) pagine, un'abilità rara che spesso distingue l'ottimo scrittore da uno semplicemente bravo. Qui veniamo però anche al limite di §Turbolenza§: la sua esiguità. Alcune storie meritavano più spazio e, alla fine, poco più di un centinaio di pagine solamente (116 a voler essere pignoli) sono veramente poche, il lettore ne reclama di più.
Detto ciò, almeno 3 o 4 di questi brevi racconti sono favolosi.
Qualcuno potrebbe obiettare che l’idea di base non è poi così originale (una collana di racconti simili a perline, infilzate da aerei che vanno dall’uno all’altro portando ogni personaggio non protagonista a diventare il protagonista del successivo racconto, fino a chiudere il cerchio là dove eravamo partiti): in effetti è un’idea semplice, però io non l’ho mai incontrata prima.
Qualcuno potrebbe obiettare che sono racconti molto brevi, in cui succede poco, schizzi; ma leggendoli con la dovuta attenzione, si scopre che Szalay è riuscito a mettere tutto un mondo in quelle poche righe, come quegli pittori miniaturisti che dipingevano un paesaggio in un guscio di noce, con straordinaria abilità.
Qualcuno potrebbe obiettare che il suo libro precedente ('Tutto quello che è un uomo') scavava molto di più nella storia e nella psiche dei personaggi, mentre qui si limita ad abbozzare situazioni che non approfondisce.
È tutto vero.
Ma questi brevi racconti, simili a nitide fotografie, che ritraggono gli incontri e le relazioni umane nel breve spazio di uno scatto ma, a ben guardar nella profondità degli sguardi, nei lunghi anni del non-detto, sono stupendamente belli; scritti con tanta perfezione e eleganza stilistica, nella sua apparente semplicità, senza mai una sbavatura, un difetto, una parola di troppo, limati e lavorati come pietre preziose, da lasciare a bocca aperta.
Szalay è giovane, ma di grandissimo talento.