Bellissime è una lettura che mi è stata consigliata. A un primo sguardo potremmo dire che questo libro parla dei casting per la moda bimbi; un’inchiesta sulle discutibili condizioni di lavoro alle quali i bambini sono sottoposti (paghe esigue, poche pause, non viene concessa la merenda, l’acqua e i genitori sul set). Continuando la lettura c’è molto di più. L’intero libro è pervaso dalla riflessione dell’autrice su quello che spinge i genitori a permettere tutto questo, a ciò che spinge i bambini a lavorare nel mondo della moda, ai criteri per i quali vengono scelti o scartati e ai valori che filtrando questa esperienza possono rimanere nelle loro mani acerbe, dal momento che quei bambini e quelle bambine sono gli uomini e le donne di domani. È una lettura interessante perché temi complessi come sfruttamento e ipersessualizzazione infantile vengono trattati nella forma dell’inchiesta; l’autrice infatti ha preso parte a tantissimi casting e manifestazioni, come Pitti bimbo, intervistato bambini, mamme e addetti ai lavori. Infine ho trovato piacevolissimo anche lo stile della scrittura: dalla penna di Flavia Piccinni escono romanzi, ed è evidente dalla prima all’ultima riga: ho apprezzato molto l’accostamento di queste due anime.
Mentre leggevo questo saggio, avevo già ben in mente dei riferimenti culturali, dal cinema alla letteratura, e vederli poi citati nelle pagine a seguire mi ha come riempito degli spazi vuoti. Come se la giornalista fosse sulla mia stessa lunghezza d'onda.
Apprezzo molto il lavoro di Flavia Piccinni, perché mette sempre del suo nelle inchieste che porta avanti, mantenendo però chiaro e oggettivo il focus del suo studio. In questo testo vengono riportate numerose testimonianze del mondo dei piccoli, il mondo delle baby star, sia di chi lo vive da dentro come lavoratore sia di chi lo osserva da fuori, come i genitori dei bambini. Vengono citati il film Bellissima di Visconti, Little miss Sunshine, i cartoni animati anni '80-'90, tutti riferimenti che hanno contribuito a creare un preciso modello femminile nella mente dei più piccoli.
Il dato sconcertante per me rimane sempre il punto di vista dei genitori fanatici, spesso mamme, che rivedono nei loro figli se stessi e bramano il successo come se fossero loro a ottenerlo. Mi ha ricordato moltissimo il memoir di Jannette McCurdy (Sono contenta che mia mamma è morta) in cui racconta il suo spiacevole percorso nel mondo dell'intrattenimento, con tutte le conseguenze del caso, dovuto per lo più a una madre rigida che la obbligava a partecipare a concorsi, provini, lavori sfiancanti per una minorenne. E la cosa peggiore che le suggeriva era di non mangiare per mantenere il suo aspetto da bambina, cosa che le faceva guadagnare di più.
Credo che questo mondo sia come una bolla a parte, delicata e pronta a scoppiare, che possa portare sicuramente tanto giovamento ma si muove in un equilibrio instabile.