Ricordo nitidamente la notizia della sentenza che assolveva definitivamente Pietro Valpreda dalla strage di Piazza Fontana. Uno stupore infinito, un inganno. Cosa ci avete fatto credere per così tanti anni ? Quale falsa verità avete propugnato per tanti, troppi anni sulla pelle degli italiani ? Sulla nostra, sulla mia.
Raccontare la verità sulle stragi di Stato: difficile, se non impossibile. E non perché non si sappia la verità ma perché in giro ci sono troppe verita. E pochi, pochissimi colpevoli certi.
Così Aiolli si inventa un romanzo per scrivere non la Verità, ma una delle verità possibili. Chiamiamolo “libero adattamento ai fatti”. Può essere così, ma è certo che sia andata diversamente. O in un altro modo ancora. Sarà per questo che Aiolli preferisce dedicarsi al “romanzo” propriamente detto, una storia vera messa su storie romanzate.
Nero ananas parte dalla (presunta) conoscenza della “verità” di tutti i fatti, avvenuta solo molti anni dopo. Ma in quei momenti l’unica verità conosciuta, ammessa e ammissibile era Valpreda, e gli anarchici attentatori. Che si fosse la destra che metteva bombe lo pensavano in pochi; e non parliamo di servizi segreti…. La narrazione risente di queste “verità” a posteri, e i protagonisti sono conseguenti a questa.
Ben altro lavoro aveva fatto Bianconi con la storia di Moro; ma lì si era in presenza di una “verità” processuale accettata e accettabile (e infatti tutto il libro poggia sugli atti e sulle carte), per quanto lunghe ombre ancora coprono via Fani e via Caetani. Nell’impossibilità di fare lo stesso, Aiolli sceglie, come detto, la forma di un romanzo a più voci dove la crescita di un bambino, rappresenta il disincanto di una generazione e il filo logico che unisce tutti i fatti in questa possibile verità.
Un romanzo a più voci, con un finale immerso nel fiato e nei sospiri delle vittime: rallentato, e quasi sospeso
Non vincera' lo Strega ma... dovrebbe.
Questo romanzo mi ha preso tantissimo, forse perche' tanto romanzo poi non e'.
E' la storia di Piazza Fontana e di quella strage che segno' insieme l'inizio e la fine di un'epoca: l'inizio della strategia della tensione e di quegli anni bui e la fine dell'Italia come la si conosceva. L'autore prende le persone (politici, mandanti, esecutori) e attribuisce loro dei soprannomi. Poi ne racconta le vite, i pensieri, le azioni, in un intrecciarsi di voci, vite e pronomi.
Il piccolo protagonista (l'io), forse l'autore stesso, vede gli eventi alla tv e non sa che quegli eventi cambieranno anche la sua di vita e quella della sua famiglia. Che sia un espediente narrativo o davvero un elemento autobiografico e' comunque molto valido per dimostrare come gli eventi della Storia con la S maiuscola abbiano effetti anche su chi invece vive la storia con la s minuscola. Noi, insomma.
Un libro che si legge in un soffio per il suo ritmo incalzante, in accelerazione - o in un mese se come me ci si lascia prendere dalla curiosita' di andare a verificare i fatti e di scoprire l'identita' delle persone sotto i loro soprannomi.
Gli esordi della strategia del terrore: 1969 - 1973, da piazza Fontana all'attentato alla Questura di Milano, la storia della prima repubblica raccontata come un thriller, con una gran quantità di narratori (personaggi storici dei circoli anarchici, del neofascismo, dei servizi deviati, della politica - tutti citati tramite soprannomi abbastanza espliciti, più i membri di una anonima famiglia calabro-fiorentina, una famiglia qualunque rimasta invischiata nella grande storia).
Ritmo avvincente, impostazione interessante, ricostruzione minuziosa di quello che successe e di ciò che fu progettato.