Un "manifesto" concettoso ma incisivo, che, con estrema acutezza, delinea i caratteri dell'odierna idolatria (quella del consumo e del godimento immediato) che ha l'abilità di rendersi anche immune da un critica davvero e-versiva, presentandosi come dato autoevidente di necessità e natura. Le quattro manifestazioni di questo idolo (le quattro facce della sindrome di Narciso, l'uomo che ama solo se stesso) che Sequeri sceglie di mettere in evidenza sono: il mito dell'eterna adolescenza (con i suoi corollari della cura del corpo, già descritta da Baudrillard, e della perdita dei riti di iniziazione, di cui parla un recente saggio di Marco Aime e Gustavo Pietropolli), il mito della crescita ("dalla crisi si esce solo con la ripresa della crescita e del consumo", si ripete ossessivamente: ma Sequeri svela anche i limiti dell'opposta, ma in realtà complementare, teoria della "decrescita felice"), la soggezione alla comunicazione totale (apparentemente veritativa e sostanzialmente manipolatoria), e la secolarizzazione come rifiuto di dare risposta all'eterna istanza etica dell'uomo (e mi viene in mente il profetico "Capitalismo come religione" di Benjamin).
Ma il pregio del libro non sta nell'efficacia della disamina, quanto nella nettezza della proposta, che si sforza di radicarsi nella concretezza e si rivolge soprattutto al mondo dell'educazione.
Chissà per quale ragione un testo così denso ed incisivo (del 2011) non ha avuto una più vasta eco nel dibattito pubblico: un segno che la crisi politico-culturale del nostro paese è, prima di tutto, un'inadeguatezza delle basi di pensiero, per cui la soluzione si sa ricercare solo nell'orizzonte brevissimo del rimedio, anziché nella visione creativa di una prospettiva alternativa, che non si è neppure capaci di adombrare?

Nov 24, 2014, 11:54 AM