Chi non legge non può che avere un sentimento della realtà differente da chi, leggendo, se ne fa uno più esigente. Se c’è stato un tempo in cui trovavo offensivo mi si accusasse di leggere-troppo oggi, che so quanto leggo poco rispetto a quanto mi piacerebbe o anche solo rispetto a quanto dovrei per tenere la testa al di sopra dal chiacchiericcio annegante definito connessione-continua, mi offenderebbe se non incontrassi più sulla mia via chi me lo rimproverasse siccome ogni volta si tratta di qualcuno che o non leggendo niente o non leggendo per leggere ma esclusivamente per ottenere qualcosa da quel che sta leggendo non potrà che giudicare ‘troppa’ qualsiasi esperienza di lettura che si distacchi profondamente dalla sua, che non è di lettura. Chi non legge non ha che la sua realtà, ovvero il suo egocentrismo elevato a misura di tutte le cose esistenti. Chi legge sa che qualunque storia, compresa la propria, non è che una storia collegata a tutte le altre storie e questo non significa sminuirla ma l’opposto: insegna a rispettarle tutte, senza mai pretendere che la propria realtà incombente debba prelevare o abbia più-valore o più-senso di qualunque altra. Leggere per me e da sempre significa affinare la capacità di distinguere le parole di senso da quelle che non lo hanno, le storie belle da quelle che vogliono solo sembrarlo, chi deve affrontare l’inclemenza del dolore da chi chiama dolore tutte le proprie pagliuzze, chiamandole travi, mai ammettendo che la trave nell’occhio di un altro possa essere mai qualcosa più di una pagliuzza. Leggere significa non farsi divorare da nulla dunque non dalla lettura come da chi intanto che divora sé stesso divora anche tutto quello che circonda incluso te se sei nei suoi paraggi. Non potrà mai essere chiaro a chi si è sempre voluto opaco ai propri stessi occhi non allendandoli allo sguardo con la lettura – che è un paradossale guardare lontanissimo per vederci da vicinissimo – che la realtà di chi legge semplicemente non si limita a contenere la sua stessa ma si sforza di mantenersi aperta, di lasciarsi invadere, di riconoscere i propri limiti non per osannarli ma per tenerli sempre presenti e rinvenire per tempo quando gli punge voglia di concedersi un po’ di assolutismo come fan tutti. La realtà puoi sapere che esiste ma né dove comincia né dove finisce. Chi sa tutto deve compiere qualunque sforzo per impedirsi di saperne qualcosa oltre quel poco di realtà che gl’è toccata e che è praticamente un niente.
Leggere Mexican Hooker di Carmen Aguirre ha aumentato la chiarezza del mio voler leggere e del voler leggere quello che prova la via della letteratura: si legge per non soccombere, men che meno a sé stessi.