Questa biografia di Alan Turing ha un unico pregio: convincere il lettore a comprarsi quella scritta da Andrew Hodges, http://www.anobii.com/books/9788833915012/01a66556fa96e81368/ . Turing era omosessuale, e la sua omosessualità è stata la causa del suo suicidio, quindi è chiaro che essa è un tema fondamentale. Ma questo non dovrebbe significare leggere tutta la vita del matematico inglese in chiave omosessuale, a meno che uno non voglia farsi ridere dietro scrivendo ad esempio che "la strategia attuata da Turing di aprire il suo lavoro riassumendo tutte le rivendicazioni degli oppositori prefigura i manifesti per i diritti dei gay degli anni Cinquanta e Sessanta" (pag.189; ma avrei potuto scegliere tanti altri esempi). Aggiungete che Leavitt, a differenza di Hodges, non è un matematico e quindi non riesce a spiegare chiaramente l'Entscheidungproblem oltre a prendersi qualche topica sulla zeta di Riemann, e rincarate la dose con i danni di traduzione ed editing che riescono a scrivere la lista dei numeri naturali invece che quelli primi e a non accorgersi che se stai parlando di cifratura di una frase in inglese non puoi tradurla lasciando identica la frase cifrata, sennò l'esempio non ha alcun senso; come potete capire il risultato finale è che dalla lettura di questo libro non guadagnerete nulla.
RECENSIONE BREVISSIMA: 42
RECENSIONE BREVE: 73 il Chuck Norris dei numeri (tze, se lo sogna Chuck Norris)
RECENSIONE INUTILE: io e Leavitt non andiamo d'accordo, ormai l'abbiamo capito, ma sono masochista e dopo Il matematico indiano mi sono sciroppata anche questo. Olè! Uno dopo l'altro e passa la paura.
Faccio una perifrasi dell'inizio: Turing era genio perchè era gay. Voilà.
Tipo roba che se uno si azzarda a dire che Einstein era genio perchè era etero, lo bruciano in piazza e fanno pure bene.
MA...
Leavitt spara sta tranvata e tutto va bene. Non si rende conto che così sminuisce il vero genio di un uomo grazie al quale è stata vinta la seconda guerra mondiale. Turing era un genio, perchè era genio e basta. Perchè c'è nato così e per questo ha vissuto una vita di merda, è stato infelice e solo. Infelice e solo perchè era un diverso. Diverso, sì, per la grandezza delle sue immense capacità intellettive!
Turing sapeva troppo e forse è questo che l'ha ucciso o che l'ha fatto fuori.
David Leavitt dedica un’appassionata biografia ad Alan Turing.
Chi ha frequentato almeno un corso di informatica conosce il nome dell’autore della macchina alla base delle speculazioni logiche che hanno portato alla nascita dei computer.
Meno noto il suo fondamentale contributo alla decrittazione dei codici generati da Enigma, lo strumento utilizzato dai nazisti per proteggere le proprie comunicazioni.
Leavitt esordisce il suo tributo al genio soffermandosi in particolare su alcuni aspetti della sua vita privata che, secondo l’autore, ne spiegano in parte il pensiero originale e non allineato. Turing era omosessuale, e lo era in un’epoca in cui, in Inghilterra, era considerato un reato punibile con il carcere e la castrazione chimica (e naturalmente entrambe le fortune spettarono a Turing).
Ora, non occorre essere come Leavitt un paladino della causa, per comprendere quale incidenza ciò possa avere avuto nella vita di un uomo che si è dedicato interamente alla conoscenza e ha visto le proprie scoperte spesso ignorate, fraintese, quando non apertamente derise.
Perché Turing non si è limitato a sondare le possibilità della logica simbolica ma è andato oltre, immaginando un mondo in cui le macchine non solo cooperano con l’uomo ma mettono in discussione il suo concetto di intelligenza, esigono rispetto.
Sono moltissimi gli spunti di riflessione che questo libro è in grado di offrire, ma ci sono due grandi “ma”.
Il primo è che Leavitt insiste forse eccessivamente sul tema dell’omossessualità di Turing, sicuramente ingiustamente trascurato ma qui ribadito in modo ridondante.
Il secondo è che nonostante la premessa dell’autore che ci confessa di capirne poco di logica e matematica, il libro si addentra in questioni complesse.
Certo, si tratta di capire il valore degli studi di Turing.
Ma… le pagine sulla logica e sulla macchina di Turing sono ostiche, seguono quelle sulla matematica pura (e sono dolori) e quando ci si rilassa con la crittografia, immaginando il risvolto spionistico, si è stroncati dall’accurata descrizione di Enigma (una specie di flipperone per matematici).
Resta la suggestione evocata dai sogni di Alan Turing e dalla sua fine.
L’uomo che aveva spinto oltre il proprio pensiero, osando sfidare il mainstream e perseguendo, anche a costo di sbagliare, le proprie intuizioni, si tose la vita a 41 anni, mordendo una mela intinta nel cianuro.
Come un altro grande logico, Gödel, Turing era rimasto affascinato dall’edizione dinseyana di Biancaneve e i sette nani.
Leavitt lascia intendere che forse già quando percorreva i corridoi del King’s College cantando “Metti il frutto nel veleno fino a quando ne sia pieno” portava il germe della sua fine.
Non importa, così come non importa la leggenda che vuole il logo della Apple ispirato al grande logico.
Quello che conta è che, come ci ricorda David Leavitt, la mela di Biancaneve non la uccide, la fa cadere addormentata.
Forse Turing sta ancora sognando le sue macchine che scrivono sonetti e gustano le fragole con la panna…