Edith Nesbit è stata una scrittrice nota soprattutto per letteratura per l’infanzia o di formazione (particolarmente noto I bambini della ferrovia), ma fu anche una scrittrice per adulti, dalla copertina di questo libro si potrebbe pensare ad una storia rosa e romantica, niente di più lontano.
Nel 1906 L’innamorato indeciso si collocò fuori dagli schemi soliti, era molto moderno e innovativo specialmente nel tracciare le figure femminili che acquisiscono consapevolezza di sé e si pongono interrogativi sul loro ruolo, sulle loro aspirazioni e su quello che vogliono essere nella loro vita, non certo un’appendice del marito.
Betty, la protagonista che conosciamo appena adolescente, dalla vita tranquilla e al sicuro nella canonica del patrigno fa un incontro con un giovane, che scopriamo subito essere un farfallone, che le rimescola il sangue nelle vene, dopo varie vicissitudini che non vi svelo, Betty si ritrova a Parigi sola e decide di vivere la sua libertà accompagnandosi ad una ragazza “perduta”, e a Parigi incontra di nuovo l’innamorato. Si innescano varie situazioni e un quadrilatero amoroso, ma che sono pretesti per l’evoluzione di Betty che vediamo crescere in tutti i sensi, con dolore e anche disillusioni che la traghettano però nell’età adulta, nella capacità di giudizio, nella maturità e soprattutto nella conoscenza di se stessa e di quello che vuole dalla vita, o meglio inizialmente capisce quello che non vuole.
La scrittura è fresca, spesso spiritosa, briosa e leggera, ma trasmette molti avvertimenti alle giovani lettrici dell’epoca.
La Nesbit era impegnata sul fronte politico, fu fra le fondatrici della Fabian Society e del partito laburista inglese, particolarmente apprezzata da B. Shaw e Gore Vidal, anche la sua vita fu particolarmente movimentata e fuori dagli schemi.
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Betty è un'ingenua fanciulla cresciuta nella campagna inglese protetta dal patrigno curato.
E si annoia.
Non le sembra vero, con qualche bugia e un piccolo imbroglio, potersi trasferire a Parigi e vivere una vita elettrizzante e "bohémien".
E innamorarsi
Di Vernon, un giovane e ricco artista, che ama le avventure amorose, ama se stesso e ama l'amore.
Ama anche Betty? Lo scopriremo solo alla fine.
Di primo acchito sembrerebbe la classica storiella d'amore (alla Austen) con lei, lui, l'altro e l'altra; qualche equivoco e qualche incomprensione.
In realtà è qualcosa di più.
Non conoscevo Edith Nesbit, un'autrice inglese vissuta a cavallo del 1900, che scriveva soprattutto libri per ragazzi. Infatti il suo stile è leggero, ironico, ma non vuoto.
I personaggi sono interessanti e sfaccettati, la trama non è banale. Non riesco a trovargli un solo difetto.
Sono convinta di aver trovato un'autrice che merita attenzione, grazie alla Elliot.
Consigliatissima (e che: non la volete conoscere la zia Julia Desmond??! Eddai!)
Se, chi non mi vede da dieci anni, mi vedesse adesso, credo non mi riconoscerebbe… La vita, nel bene e nel male, presto o tardi ci induce a cambiare, a mutare forma. Naturalmente, quando scrivo << mutare forma >> tento di essere ironica. Nessuno muta aspetto, sebbene di cambiamenti estetici chiunque potrebbe essere allettato. Quanto del cambiamento che avviene in noi, in un momento particolare della nostra vita, resa in passato come espediente per fagocitare ogni speranza, ogni salvezza affinché la libertà a cui si aspira non è qualcosa di così effimero, come si crede. Nei trentadue anni di vita, ho insistito tanto, mi sono incaponita a voler raggiungere degli obiettivi, di qualunque natura si trattasse, e l’esperienza ha poi rilasciato una fattura. E, come sempre, quando la Vita ci sbatte addosso certe cose, non si può non provare un forte senso di soddisfazione di cui sapevo già, nel mentre ho aspettato silenziosamente, che ogni cosa, ogni bruttura, si sarebbe dissolta in brevissimo tempo, lasciando il vuoto a qualcosa di inesprimibile, nemmeno le parole possono cogliere appieno. La possibilità che ci sia un riscatto da ogni cosa, non importa quanto tempo o pazienza ci vorrà, servirà alla fine a dare un senso ad ogni cosa, momenti o attimi di sfiducia, la delusione che forse raggiungere certi obiettivi, desiderare ardentemente certe cose siano solo perdite di tempo. Per qualche momento, mi sono sentita stordita ma nulla di più. Il tempo, quel migliore beneficiario, ha reso giustizia ad ogni cosa…
Avevo raggiunto Betty, la protagonista di questa incantevole commedia inglese inaspettatamente, senza che io e lei ci conoscessimo in passato, per soddisfare l’ennesima richiesta di lettura per una sfida indetta su Facebook, anche se non avevo sperato che dalla sua lettura potessi uscirne con l’anima in tumulto. La sua natura, così semplice e ingenua, proiettata sulla sua figura esile e minuta, era scevra di ogni forma di libertà che un romanzo di stampo inglese vittoriano potesse trasudare, quanto disprezzo, sconcerto in merito ad alcune questioni relative alla società, all’ottusità del paese, forme atipiche di solitudine e incommensurabile malessere che Betty assorbe con coraggio, forza ma a cui risponde mettendo in atto quel succinto meccanismo religioso che il patrigno le impartì quando era bambina, i cui vantaggi avrebbero dovuto produrre un allontanamento dal mondo, da ogni distrazione o peccato, quanto ad una vera e propria identificazione dell’anima. Guardandosi con gli occhi di un altro avrebbe funto da risposta, da conseguenza a ciò che sembrava privo di vita, di conforto.
Le prime pagine, quelle in cui non è possibile scorgere ancora niente dalle brutture del mondo, non avevano l’aspetto meravigliosamente poetico di cui certi classici sono pregni, però non ne era nemmeno così lontano. La sua impronta, infatti, era semmai indifferente. E il mio approccio, nei suoi riguardi, sulle prime, fu indifferente. Stavo affrontando, anzi, avevo affrontato il tutto con distacco, quasi menefreghismo, perfino la << condizione >> di questa povera ragazza, che desiderava nient’altro che essere donna. Eppure la vocina interiore che, in questi casi, si affaccia come uno spirito buono nella mia coscienza, aveva chiesto che io iniziassi a “leggere”. Betty non meritava di essere vissuta, quanto compresa, confermando in questo modo che si trattava di me. questo mancato contatto che inizialmente sembrava non potesse esserci, e poi le cose sarebbero cambiate. La sua autrice, che mi aveva affiancato, avrebbe voluto un coinvolgimento diverso, ed effettivamente aveva ragione. << Grazie, avrei dovuto dirle! Sarei stata stupida a ripudiare la sua compagnia. >>
Lo so, e me ne vergogno. Ma, sorrido mentre ripongo queste poche righe, e comprendo quanto di Betty c’è la sedicenne di qualche tempo fa. I medesimi pensieri, gli incauti gesti, impulsivi e privi di senso, l’avventatezza di certi << slanci >> amorosi, che, alla fine, in un modo o nell’altro, mi riconducevano sui miei passi. Quante volte, in passato mi sono sentita così? Mi sono sentita Betty?!? Ed ora che ho raggiunto la maturità sono più consapevole di come avrei potuto agire, o reagire, sentendomi meglio senza dover compiere alcun passo falso. Se dovevo concentrarmi ad raggiungere un certo scopo amoroso, scegliere la strada da percorrere, quella più semplice, non mi avrebbe reso la persona che sono adesso. Ma come adesso, anche allora me la cavai da sola, e forse il mio subconscio desiderava per Betty un simile destino…
Eppure Betty, alla fine, venne a bussare alla mia porta e prese controllo della mia vita, non credendo che ciò avrebbe comportato novità, cambiamenti, sorprese. Non credevo che potesse entrarvi a farne parte, per la semplice ragione che certe letture bisognerebbe a mio avviso viverle in età giovanile. Vivere tranquillamente, asserviti a Dio, soggetti alle mani di un Fato egoista e crudele, con l’unico scopo di vivere pregando poiché il Maligno fosse sconfitto, è l’unica strada accessibile.
La dolce Betty, però, con una folta chioma di capelli neri, un viso ovale punteggiato da lentiggini, è il simbolo di una rinascita, lo scopo di distruggere il “vecchio” nel far prevalere il “nuovo”, il disegno strabiliante di una sorta di pellegrinaggio spirituale in cui l’immaginazione vince sul reale, quasi incaricata a spiccare in mezzo ad un marasma di miserie, povertà, in cui la bontà d’animo e il desiderio di essere amati coincide con il potere di essere integrati col prossimo. Inizialmente poco ben accetta, con questa sua fervida immaginazione di essere stata esiliata in un luogo in cui l’amore era un miraggio, ma ben presto con una sua identità. Una sua voce, un facile esempio educativo che a mio avviso ogni lettore dovrebbe trarne esempio. Qualcosa di più della semplice descrizione di mere sofferenze di una giovane fanciulla, di aspirazioni cristiane che confluiscono tutte nella possibilità di purificare il prossimo. Una specie di paradiso, che chi decide di imbattersi fra le sue pagine non potrà uscirne vivo. Non avrebbe potuto ignorare la stessa Betty, sebbene troppo credulona delle volte per i miei gusti, il suo forte desiderio di rivalsa e di sopravvivenza.
Anche se, solo alla fine, ci si rende conto di aver trattenuto il respiro. Il fiato corto, i battiti accelerati, le sorti dell ormai diciassettenne Betty nelle mani di qualcosa o qualcuno che non ha ancora una sua forma. Qualunque fossero i miei sentimenti al riguardo, qualunque cosa si fosse instaurato tra me e lei, la determinazione di lasciarsi alle spalle, in rovina, sogni o progetti che avrebbero potuto garantire tranquillità morale, confluirà in un netto cambiamento.
Con la sua innocenza, la sua bontà d’animo, Betty ha generato la nascita di nuove forme di vita che per molti sono idiomi a dir poco impossibili. Lasciar perdere? Assolutamente no! Non era uno dei suoi problemi, lei che non disse mai una bugia – o quasi -, non prese mai niente che non le venisse donato e ricambiato, doni assolutamente inaspettati.
La verità è semplice. Betty, alla fine, ha contagiato anche me, le cui vicende si fusero col ricordo di una successione di eventi: quelli che compresero la sottoscritta, nel periodo più turbolento della mia adolescenza. Malinconico ma dolce, confortevole come un abbraccio non del tutto caldo ma sentito, nel quale è stata delineata una storia dal sapore agrodolce. Abbellita da minuziose curiosità, voli pindarici di fantasia, un tuffo nel passato in cui l’idea di raggiungere la felicità è un sogno che non si infrangerà del tutto.