Semplicemente Jennie

«Mi guardò con i suoi occhi scuri e grandi e sinceri. “Non volevo che tu sapessi“. Quando fu sulla porta si voltò: “provo ad aspettare“, sussurrò. “Prova ad aspettarmi“».

Gotico, romantico, sognante.
Velato dalla nebbia lattiginosa e umida che scende su Central Park, carezzato lievemente dai fiocchi di neve che cadono per le strade di una New York su cui inizieranno presto a soffiare i venti di guerra provenienti dall’Europa, illuminato dallo schermo dorato dei raggi del sole che si posano su Jennie, toccato dalla grazia di Robert Nathan, che sono qui a chiedermi dove e perché si fosse nascosto da me fino a oggi.
Una storia bellissima, una scrittura che non permette quasi di staccarsi dalle pagine (pagine bellissime anche al tatto, come sono al solito quelle dei libri di Atlantide Edizioni), per un romanzo breve, troppo breve, di cui non è possibile dire nulla, se non che è una storia in cui la vita e la morte, il passato e il presente, la visione e la realtà, la capacità di passare improvvisamente dal gelido e grigio inverno delle strade della città spazzate dal vento alle acque verde azzurre dell’estate di Cape Cod, diventano arte, e l’Arte, dalla tela, diventa vita.

«Non era in mio potere, nulla era in mio potere; non potevo avvicinare la primavera, né potevo trattenere l’inverno perché non svanisse dietro di me.»

E Jennie, la ragazza in nero, bambina e straniera, persa e sola, uscita da qualche storia del passato, per il lettore e per il giovane pittore Eban Adams, il capolavoro da contemplare.

Autore amato da altri autori, anche molto diversi fra loro, come Fitzgerald e Bradbury, viene considerato il progenitore del fantasy; io, che non amo il fantasy, mi permetto di dire che mi è sembrato più debitore a Henry James e a Edith Wharton, ma, anche qui, di più non dirò.

«“È strano”, disse infine, “a volte non hai mai visto qualcosa , eppure la conosci lo stesso. Come se prima o poi dovessi comunque vederla, e siccome un giorno la vedrai riesci a ricordarti com’è… [...]
“Sì. Immagino di sì. Non si può ricordare quello che non si è mai visto”.»


Grazie di cuore ad Atlantide Edizioni per averlo tradotto e pubblicato nuovamente, e per avermelo consigliato con tale trasporto, nonostante avessi già acquistato altre sue tre pubblicazioni (e chi acquista Atlantide sa quanto siano cari!), da non avermi permesso di lasciare Più Libri Più Liberi senza acquistarne una copia.
Ora il film d’annata, con Joseph Cotton e Jennifer Jones, mi attende.

«Quanto poco c’è, pensai, tra noi e il gelo che ci aspetta, il mistero, la morte - una striscia di spiaggia, una collina, quattro muri di legno o di pietra, un piccolo fuoco - il sole di domani, che sorgerà a riscaldarci, la speranza di domani di pace e di un tempo migliore…
E se domani svanisse nella tempesta? Se il tempo si fermasse? Rimarremo schiacciati, frantumati dall’eternità, da un presente per sempre immobile e sfuggente.
E il passato, se mai smarrissimo la nostra via nella tempesta, troveremmo di nuovo il passato di fronte a noi, dove pensavamo sarebbe sorto il sole di domani?»


«Una cosa ha la distanza: non importa quanto grande sia, può essere comunque colmata.»

Feb 9, 2019, 12:05 PM

«Sai qual è il mio gioco preferito?», chiese.
«No», risposi io.
«È il gioco dei desideri».
Le chiesi cosa desiderasse di più.
«Vorrei che tu aspettassi che io diventi grande», disse.


Ma nessuno può aspettare qualcun altro finché non diventi grande.
A meno che non si tratti di qualcuno come Jennie.

Ci sono persone che abitano fuori dal tempo, che non appartengono del tutto ad oggi. Sono persone che scardinano ogni legge della fisica, e dilatano i minuti, e soffiano via stagioni intere. La loro presenza è talmente piena e pura e intera che satura il momento, loro continuano a riverberare di luce calda anche quando vanno via. Sono quei misteri che la mente non riesce a penetrare. E perché dovrebbe? Passiamo la vita ad affannarci per trovare a tutti i costi una spiegazione a tutto. E non ci accorgiamo di quanto sia inutile: l'imprevisto non è forse tra le clausole di questa esistenza? Dovremmo essere grati per la nostra ignoranza, scrive Nathan. "È l'ignoranza che ci desta ogni mattino a un nuovo giorno (...); è l'ignoranza che fa sembrare ogni nostra azione una nuova azione, e il risultato di un atto della volontà. Senza questa ignoranza saremmo distrutti dal terrore, resi immobili, di ghiaccio; o (...) bruciati dalle fiamme di una visione insostenibile".

A volte bisogna credere in ciò che non si riesce a capire. Smettere di dubitare, di inseguire risposte, di bramare conferme. Crederci e basta. Abbandonarsi al flusso naturale delle cose, anche quando sfidano ogni logica, ogni ordine precostituito. Afferrare il momento perfetto, quando il mondo sembra immerso in una luce di purezza e di pace, e il male è lontano, e la morte fermata. Esserci dentro. Viverlo. Di pelle, di pancia, di cuore. Viverlo e basta.

Apr 19, 2018, 3:14 PM
Suggestivo

...ma altrettanto inconcludente. Vorrebbe avere qualcosa da dire ma dubito che ce l'abbia: il mistero cela il nulla, almeno così è sembrato a me. Un ritratto di Dorian Gray "dei poveri" direbbero a Roma!

Feb 2, 2017, 10:22 PM